sabato 28 novembre 2009

tartaruga

Guardo fuori dalla finestra con gli occhi ancora un po’ impastati dal sonno ed il mio bicchiere di succo in mano. Sotto un cielo incolore si innalzano piccole colonne di fumo grigio dai camini. Sembra di essere tornati nelle coke towns. Mentre Bologna scompare deformata dal mio bicchiere che continua ad alzarsi, ripenso ai vari appartamenti che sono stati casa nella mia vita.

Quando mi buttavo sul letto sotto l’armadio a ponte, protetto da un giardino nella China Town della Bolognina. Il grande stanzone dove dormivamo in 5 in riva al Mugnone e dove le notti passavano con la brina sui vetri e sulle tazze di tè bollente. La finestra murata dal letto a castello di O31, le cene, le notti nello studio freddo come una ghiacciaia, i film sul divano, le poltrone che continuavano a spostarsi dal cassonetto a casa. Lo stanzino con vista alla Sierra Nevada dove ti ho conosciuto, i brunch storici con cui sostituivamo le lezioni mattutine, le cene multietniche, i piedi sulla stufa elettrica. Il tè con cui ti presentasti in calle Concepciòn, i messaggi appesi per le vicine di fronte, le feste, il fusto di birra, il cartello stradale, il dado nella doccia, tu che dormivi sul balcone, io che disegnavo su un tavolo rotondo, le colazioni in poltrona sul terrazzo, i Nazareni che si preparavano e che ci sembravano una setta. Nuovamente Firenze, le piantine sulla finestra, le feste incredibili, le invenzioni, il cibo. Lo stanzino buco nell’Eixample da cui non si vedeva neppure il cielo, tutto il guardaroba appoggiato su un’unica mensola, la vita monastica. E la doppia, che poi era singola perché tu non c’eri mai, la corte dell’isolato illuminata nella notte fluorescente, il mio viso azzurrognolo davanti allo schermo del portatile, i russi, le tedesche, le brasiliane, le venezuelane, gli italiani, i francesi, gli argentini. Il letto a castello nano della periferia di Siviglia, la grande e luminosa sala, il terrazzo sul giardino condominiale con la guardia giurata, le cene di cibi casuali.

Ed ora uno stanzone disadorno e spoglio per dormire, un appartamento senza soste né pause per riposare.

E tutte le vostre case ed i vostri letti che sono stati miei anche solo per qualche giorno. La casa in Val Codera, immersa nella neve e nella solitudine della montagna. La magnifica casa del piccolo villaggio bavarese, con il suo forno da esterni, i suoi cibi prelibati e grassi, le sue risa, dove abbiamo lasciato il cuore. Il letto e poi il suolo e poi le docce dello studentato di Munich. Il divano e le luci della notte riflesse nelle acque del fiume lionese. La macchina che ci ha ospitato ed è stata casa nostra per una settimana, mentre vagavamo per la penisola iberica. Il materasso gonfiabile e le magnifiche colazioni del sottotetto di un’antica casa del centro di Munich. Il suolo di un monolocale a Vienna occupato completamente dai nostri corpi, una decina. I trulli, i letti nello stanzone senza finestre, le colazioni e i pranzi estivi, il sonno sul tetto sotto uno spettacolo di stelle. La stanza del quartiere residenziale di Mestre. La povera casa vicina al porto di Algeciras, di fronte al Marocco. Il quinto piano sull’oceano, un divano in prestito a Cadice. I vari letti, divani, brande di Firenze. Il delirio di un appartamento berlinese riscaldato a carbone, e la pulizia di un altro, il suo pavimento comodo. Il letto ad acqua ed il bagno in miniatura del basso edificio di Copenhagen.

Tutti i letti, i suoli, i materassi, i divani, le spiagge, i prati, i tetti degli edifici che sono stati rifugio per la notte in Spagna.

venerdì 20 novembre 2009

in cammino verso l'origine - socrate

Non dalle ricchezze ma dalle virtù nasce la bellezza.

Il mio consiglio per te è di sposarti; se troverai una buona moglie, sarai felice; se non la troverai diventerai un filosofo.

L'esser contenti è una ricchezza naturale, il lusso è una povertà artificiale. L'uomo più ricco è quello che si accontenta di poco, perché la contentezza è la ricchezza data dalla natura.

Perché ti meravigli tanto se viaggiando ti sei annoiato? Portandoti dietro te stesso hai finito col viaggiare proprio con quell'individuo dal quale volevi fuggire.

Più gente conosco, e più apprezzo il mio cane.

Ormai è giunta l'ora di andare, io a morire e voi invece a vivere. Ma chi di noi vada verso ciò che è meglio è oscuro a tutti tranne che al Dio.

sull'albero a vedere


Eccolo. Lo sentivo arrivare.

Da tempo stavo raggomitolato, racchiuso su me stesso, trattenendo le forze, risparmiando le energie. Controllando il fiato, abbassando le funzioni vitali in attesa. Come un feto rannicchiato nella sua bolla calda e umida accumulavo riposo. Un riposo forzato certo. Ma dopo mesi è arrivato il momento di nascere. Di ri-nascere.

E ora state a vedere cosa succede.

martedì 10 novembre 2009

un uomo - O. Fallaci


Un uomo che non parla a nessuno e a cui nessuno parla è come un pozzo che nessuna sorgente alimenta: a poco a poco l'acqua che vi stagna imputridisce ed evapora.

L’amara scoperta che Dio non esiste ha ucciso la parola destino. Ma negare il destino è arroganza, affermare che noi siamo gli unici artefici della nostra esistenza è follia: se neghi il destino, la vita diventa una serie di occasioni perdute, un rimpianto di ciò che non è stato e avrebbe potuto essere, un rimorso di ciò che no si è fatto e avremmo potuto fare, e si spreca il presente rendendolo un’altra occasione perduta.


L’incontro di due solitudini è anche l’incontro di due immaginazioni.


Voi, tombe che camminano / insulti viventi della vita / assassini del vostro pensiero / fantocci in forme umane / Voi che avete invidia delle bestie / che offendete l’idea del creato / che chiedete rifugio all’ignoranza / che accettate per giuda la paura / Voi che avete dimenticato il passato / che vedete il presente con occhi appannati / che non avete interesse per il futuro / che respirate solo per morire / Voi che avete mani solo per applaudire / e che domani applaudirete / con più forza di tutti come sempre / e come ieri e come oggi / Sappiate allora voi / scuse viventi di ogni tirannia / che i tiranni li odio tanto / tanto quanto ho schifo di voi / E delle vostre fottute automobili

sabato 7 novembre 2009

il ritratto di dorian gray - O. Wilde


- La duchessa mi piace molto, ma non l’amo.

- E la duchessa ti ama molto, ma le piaci assai meno; siete dunque perfettamente assortiti.

[…] – Vorrei poter amare. Ma mi sembra di aver perduto la passione e dimenticato il desiderio. Mi sono troppo chiuso in me, e la mia personalità mi è divenuta un peso. Vorrei fuggire, andarmene, dimenticare.


– Siete molto innamorata di lui? – chiese.

Ella rimase qualche momento senza rispondere; guardava il paesaggio. - Vorrei saperlo,- disse infine.

Egli scosse la testa. – Il saperlo sarebbe fatale: quel che attrae è l’incertezza. La nebbia rende le cose meravigliose.

- Ma si può perdere la strada.

- Cara Gladys, tutte le strade conducono allo stesso punto.

- E cioè?

- Alla disillusione.

venerdì 6 novembre 2009

il salviatino


La notte non ha proprietari se non chi la percorre.
Cappuccio calato sulla testa nel freddo umido della periferia che si trasforma in campagna. Parole che lacerano il silenzio oscuro e camminano intorno a noi. L’umidità fa il nido sui miei occhiali e trasforma i riflessi della strada bagnata in paillettes colorate.
Un torrente silenzioso scorre al bordo della strada mentre intorno l’odore di terra e freddo aumenta. E ricordo. Ricordo via Boccaccio e i suoi ritorni notturni. Le serate in riva al Mugnone. Le mattine gelate e nebbiose fino in facoltà, una leggerezza che forse non è mai esistita, ma che pervade sempre tutti i miei ricordi. Come una menzogna profumata cui voglio credere

giovedì 5 novembre 2009

il tribunale dell'ego


Ci sono momenti come giudici di vita. Le situazioni stesse si ergono a tribunale dove noi accusiamo noi stessi, con grande ferocia e violenza.
Quando ci deludiamo eludendo momenti che qualcuno ritiene importanti. Dimostrando non curanza dove ci viene richiesta formalità. Facendoci morire le parole in bocca quando ci si aspetta una battuta.
O quando ci troviamo a lottare contro noi stessi e quello in cui crediamo. Quando abbassiamo la testa ancora una volta alle ingiustizie e facciamo dei compromessi lo scudo delle nostre paure.