domenica 29 gennaio 2012

in un(a) lampo


Lui ha delle scarpe scure, in finta pelle, basse. I pantaloni stropicciati neri. Un maglione bianco a righe, con lo scollo a V, sformato dagli anni e dai lavaggi che lascia intravedere il lupetto nero al di sotto. I capelli castani scuri sono lunghi, raccolti sulla nuca in una coda che non riesco a vedere. Gli occhi sono leggermente sporgenti, rotondi, galleggiano su evidenti occhiaie. Il naso adunco, a pinna di squalo. I lineamenti del viso strategicamente nascosti da uno strato non troppo folto di barba bruna.
Lei è di spalle, e riesco a vedere ben poco. A parte i pantaloni eleganti, scuri, che svaniscono al di sotto di un cappotto bianco, le tasche chiuse con zip scure, un taglio ricercato. I capelli sono corti, segno del carattere probabilmente volitivo che li correda, castani chiari, tendenti al biondo. Una perla nera spunta sulla parte superiore dell'orecchio sinistro, un piercing che si è convertito in gioiello casual. Riesco solo ad immaginare i lineamenti armonici e ponderati. La sintesi dell'eleganza sdrammatizzata.
Li guardo. A loro non importa nulla della rozzezza del bar che li circonda. Del controsoffitto che sta per crollare, le travi in legno dipinte e lucidate, le sedie sgangherate, le pareti fintamente ridipinte. Lui a cercare con gli occhi qualcosa intorno, uno spunto. Lei a guardare altrove, dove io non posso leggerne il profilo. E dal bordo del suo cappotto, candido, penzola la fibbia metallica della lampo, a dondolare tra le gambe della sedia e quelle della sua padrona. Un'altalena notturna e infantile.
Non so perchè. Ma mi danno una strana sensazione. Di pace. Di casa. Di desiderio esaudito. Come se essere felice fosse ancora possibile.

lunedì 23 gennaio 2012

fuori rotta


E anche ora, che riemergi dal passato come un futuro che non sono stato, che mi racconti di anni trascorsi a migliaia di chilometri da me. Anche ora, che l'affetto non si è spento e mai accennerà a farlo, ripulito e reso eterno dal ricordo, dalla distanza, dalla lingua. Anche ora che mi parli di chi ha lasciato tutto per trovare se stesso.
Anche ora che son felice come un bambino (per un istante)
non posso fare a meno di pensare che questa non sia la mia vita. Che questa non sia la mia città, i miei amici, il mio lavoro. Che questo non sia io.
Perso da qualche parte, smarrito a qualche confine, abbandonato in qualche deposito bagagli. A urlare, dall'alto di qualche montagna, per richiamare a me il mio corpo che si trascina per i portici di questa città.

domenica 22 gennaio 2012

da oriente


La stanza è calda, profuma di incenso. Il parquet grezzo corre da parete a parete senza un solo mobile ad ingombrarne il disegno. La superficie liscia delle pareti è tinta di un colore pallido fino alle alte finestre industriali, sottili profili di metallo che abbracciano vetri zigrinati.
Come in preda ad un misterioso imperativo ci raduniamo, ci allineiamo su rettangoli di tessuto, chiudiamo gli occhi, ed iniziamo una danza lenta e armonica. Come branchi di strani esseri umani, ci muoviamo all'unisono, tra le pareti di questo edificio nascosto nelle viscere della città. Fino a perdere i pensieri. O a ritrovarli. Fino a sentire il nostro corpo. O dimenticarlo. Finchè la fretta di un mondo non nostro evapora sostituita da una calma che viene da oriente.

E rialzandomi da terra mi domando se è questo che dovrebbe essere, lo yoga.

venerdì 20 gennaio 2012

e ora che?


Chiudo la porta e lascio fuori la città, adagiata nella sua candida nebbia notturna.
Mi siedo al tavolo dove mi aspettano. E comincia il balletto. Il carosello delle lingue e dei cliché, delle cortesie e dei protezionismi. La ragazza polacca che parla in italiano col suo ragazzo venezuelano. Le giapponesi che stentano un italiano frammezzato da frasi asiatiche per farsi capire dalla statunitense originaria di Taiwan. Io e il polacco a scambiarci battute mentre osserviamo il piccolo Bruno, bambino di due anni figlio della ragazza polacca.

È strano. È uno strano agrodolce.
È come rivedere un vecchio film. Come tornare a mangiare l'uovo sbattuto davanti alla TV, giocare a calcio usando le maglie come porte, ascoltarsi una vecchia musicassetta.
È tutto affascinante ed elettrizzante. Eppure ha già acquistato quella patina, quell'ossido, come se tutto quanto fosse improvvisamente di un'altro tempo, come se il presente fosse seppiato. È l'agrodolce di un passato che non potrà più essere presente, anche se continua ad essere piacevole.
Anche se ci dà aria per respirare.
Un passato che è già storia.

domenica 15 gennaio 2012

respiro


C'è tanta gente infelice che tuttavia non prende l'iniziativa di cambiare la propria situazione perchè è condizionata dalla sicurezza, dal conformismo, dal tradizionalismo, tutte cose che sembrano assicurare la pace dello spirito, ma in realtà per l'animo avventuroso di un uomo non esiste nulla di più devastante di un futuro certo. Il vero nucleo dello spirito vitale di una persona è la passione per l'avventura.

Chris McCandless

venerdì 6 gennaio 2012

pubblicità


Perchè è questo che la gente non riesce a capire.
Come l'arte (anche quella di poco conto, quella tale solo per chi la realizza, quella creata da chi è privo di talento) debba essere libera. Libera dal commercio di sè. Libera dal ricatto di un profitto, seppure facile.

Perchè ciò che nasce dal profondo non può avere un prezzo. In nessun caso.

cella


Rannicchiato dentro al sacco a pelo, sommerso da un doppio piumino, fisso la finestra della cella. Il buio della notte bruciato da lampi silenziosi, i minuti raschiati dalle raffiche di vento. La neve a depositarsi sugli stipiti, a fischiare tra gli alberi. Una danza frenetica e scomposta di granelli, sinusoidi di bianco che trasfigurano l'oscurità, cavalieri di altri tempi. E mentre intorno la tempesta infuria, circondando l'eremo e le sue gole, ogni pensiero evapora in un deserto di stanchezza.