giovedì 18 marzo 2010

sangue e arena


Ci sono errori che commettiamo sbagliando, degli incidenti di percorso. E poi ci sono errori coscienti. Scelte deliberate che sappiamo perfettamente essere sbagliate ma che, nonostante questo, decidiamo di assecondare.

Sono le debolezze. Sono quei momenti in cui la nostra fragilità prende il sopravvento sul resto e decidiamo di non opporci, di cavalcare l’onda dell’entusiasmo e fiondarci nel baratro.

E ci vediamo, da fuori, entrare nell’arena che ci siamo costruiti da soli. Iniziamo dando spettacolo, sfoggiando tutta la nostra forza e potenza. Ma poi sappiamo bene come andrà a finire. Sappiamo bene chi avrà il nostro orecchio alla fine della corrida.

disegnare la solitudine

Sono in mezzo a tante persone, una folla di giovani con bicchieri in mano e trifogli sul petto, Guinness in testa e occhi contenti. È una festa, una festa popolare per scacciare la monotonia degli ultimi giorni d’inverno. Dal palco scende danzando una melodia malinconica, di una voce calda che impasta le lacrime del violino con i colpi di coda della fisarmonica, ricuce la tromba e il banjo. È proprio lì, mentre scende con quel profumo d’origano bruciato e aspirato, mentre rievoca le solite parole politiche che danno vita al folk, è proprio lì in mezzo alla massa che la mia voglia di solitudine torna forte e prepotente. La voglia di abbandonarli, tutti, all’istante.

La voglia di andare a casa, riempire uno zaino con quaderni, macchina fotografica e una maglietta, andare in aeroporto e fiondarmi in Irlanda. Prendere i miei piedi e farli rotolare per i sentieri di campagna, sedermi sulle pietre umide, sfiorare i campi roridi al mattino, disegnare l’infinita solitudine.

martedì 16 marzo 2010

incrostazioni al sole


La vita dilaga, si spande come olio sulla tavola del tempo. Riempie i solchi tracciati da vite altrui, sprofonda in piaghe antiche facendone un nido, scorre lungo le vene chiare del legno.

Poi, a volte, la senti stringere, raggomitolarsi intorno a te, cominciare a girare in circolo su se stessa e non riuscire più ad espandersi. L’olio si raccoglie, denso, sulla superficie piana, apparentemente senza motivo. Scivola intorno a te, in ghirigori lenti e sinuosi. È come un animale in caccia, è la danza quatta prima dell’attacco.

Se la guardi, di lontano, è affascinante. È una vita che, improvvisamente, si è fermata cristallizzando. È un’incrostazione su uno scoglio, pronta a sciogliersi alla prima marea. Oppure è una decorazione in pietra, sull’alto muro della fortezza di Almeria. E nessuno più la smuoverà.