giovedì 29 novembre 2012

nulla e così sia



Aspetto, seduto alla fermata, un casottino in legno con una finestrella. Intorno l'aria grigia regna, convertendo il primo pomeriggio in un momento senza tempo. Guardo in lontananza tra gli scheletri degli alberi comparire sagome di case di campagna, specchi d'acqua, strisce d'asfalto che se ne vanno verso l'orizzonte, vuote.
Buttato qui, in mezzo al niente, e magnificamente a mio agio.

liste



(Se vi sembra idiota pensare di consolarsi con simili liste di suoni meravigliosamente evocativi, sappiate che siete nel torto, o che non sapete veramente cosa siano certe crepe dell'anima, e di riflesso il valore dei linimenti che le possono curare. Non solo. Mi permetto di aggiungere che se non avete almeno una persona a cui trovereste sensato regalare liste del genere in segno d'amore - nella certezza che ne sarebbe deliziata - vi state perdendo qualcosa)

Alessandro Baricco - Una certa idea di mondo

martedì 27 novembre 2012

diritto



Riusciamo maledettamente a rovinarci la vita con le nostre stesse mani quando dimentichiamo che abbiamo il diritto ad essere felici. O, almeno, a provare ad esserlo.

lunedì 26 novembre 2012

cristallo



È di notte che questa città dà il meglio di sè. Quelli che con la luce del sole sono edifici di poco conto, la ripetizione poco fantasiosa di uno stile consolidato, di notte si trasformano in spugne di cristallo mostrando il loro contenuto di vita. Le finestre, grandi e senza tende, si accendono e gli appartamenti diventano vetrine, le case cavità dalla luce calda e gli interni chiari. Un catalogo di umanità srotolato sulle facce della città. Un elogio alla trasparenza.

boreale



È ritornando verso casa, con le mani cariche di cibo, solcando la campagna che ormai già riconosco, fendendo il buio costellato di finestre fluorescenti, che guardiamo il cielo, insolitamente luminoso. Un bagliore sulfureo lo anima, in piena notte. Dicono che sono le luci delle serre, mi dici. O un'anteprima di aurora boreale, pensiamo.

domenica 25 novembre 2012

fienile - svartsjö



Un vortice, un papillon di isole che si sfrangiano dal centro, dal nucleo antico della città. Strade come tentacoli grigi che tengono insieme porzioni di terra arsa dal freddo. Case, fattorie sparse, ventose che si diradano allontanandosi dal corpo centrale. Lontano dal cuore pulsante, nel mezzo dell'isola di Svartsjö, a due passi dal Mar Baltico, seminato tra campi di foraggio ed una rada boscaglia, sta un fienile in legno, dipinto di rosso, le finestre bianche. Al di sopra del magazzino, circondati da doghe in legno sbiancato, tra le falde del tetto, stiamo seduti al tavolino, bianco anch'esso. Un buon tè, caffè, pane ai cereali tostato, burro, biscotti, spumini ricoperti di cioccolata. Fuori la luce è grigia e spande su tutto un aroma malinconico, un'aria da domenica mattina. Una chitarra, due voci, il tempo che rotola senza scosse. Il vuoto intorno, l'estinzione della ricerca di un senso diverso dal semplice esserci.

sabato 24 novembre 2012

controsenso



Le cose migliori che ho fatto sono state, in fondo, quelle prive di senso.
Non che fossero realmente insensate, intendiamoci. Semplicemente non rientravano nella catena consequenziale degli eventi. Un salto nella logica della vita. La carta Imprevisti del Monopoli.
Via, pensateci bene. Quale sequenza logica porta un mite studente, privo di grilli per la testa, a scegliere la futura città dove abitare in base al suono del suo nome? Al suono. Quel rotolare di gutturale-nasale-dentale che evocava tante immagini nella sua testa. Cosa lo porta a rifiutare una borsa di studio (vinta) per un'altra città (dal suono peraltro niente male, ma non quello che aveva in mente) e tornare a farne domanda l'anno successivo, con ostinata e immotivata persistenza, ancora una volta per Granada? Quale moto dell'animo incompatibile con il mio carattere mi ha spinto a mandarti l'sms che ci ha fatto conoscere, quando non eri altro che un nome esotico? Così non saprei spiegarmi perchè venni a casa tua, quel pomeriggio di domenica, senza nessun'altra intenzione che l'aiutarti a sfangare quella gamba rotta. Non che ti avessi notato alla festa. E allora perchè?
Nulla di assurdo in tutto ciò, solo non è logico. Non esiste un filo che porti a dire che quella scelta era meglio di altre. Semplicemente, in quel momento, senza pensieri, sapevo quale fosse la scelta giusta. E non sono sicuro che si tratti di sentire, di una sensazione. Io sapevo che era quella. Nel bivio tra A e B sapere di dover passare per i campi.
Come quando decisi di passare un mese ospite in casa altrui, di città in città, con l'armadio in macchina. Come avrei potuto conoscerti, diversamente?

strand



- Certo, da quella parte. Andate verso l'acqua, scendete a destra poi a sinistra fino al molo. Lì lo troverete.
Scendiamo lungo l'argine, al di sotto del livello della strada. Lo Strand è composto da tre locali, uno a lato dell'altro: un ristorante, un pub, una discoteca. Di fronte, un paravento di arbusti, il mare, ed un ponte che ci lega alla terraferma.
Nel pub c'è già diversa gente. Prendiamo posto e poco dopo il gestore introduce il gruppo che fa il suo debutto stasera. Nel videoclip che viene proiettato compare una ragazza di colore dai lineamenti assurdamente malinconici ed un costume da bagno di più di mezzo secolo fa. La cantante, un'androgina ragazza in giacca e cravatta, algida nella sua dolce impassibilità, mangia dolci seduta su una terrazza vista mare.
In fondo il video era meglio della performance, e allora raccogliamo lo zaino e ci spostiamo nella discoteca, in attesa del concerto dei Twin Shadow. Il gruppo che apre il concerto è composto da due gemelle di Stoccolma, una bionda e una mora, poco più che ventenni. Minigonna e pantaloni di pelle aderenti, tacco alto, espressione da superdive. Il canto laconico e circolare delle terre del nord, rianimato da un buon ritmo di batteria. Ma, in fondo, niente di eccezionale.
E poi arrivano loro, gli statunitensi, e la storia cambia. Una carica che a queste terre manca, la leggerezza del sole e della superficialità, uno stupido ottimismo. Un look senza stile che ha fatto scuola.
Poi la stanchezza. I duemila chilometri si fanno sentire, le venti ore sveglio zaino in spalla pure, e ci avviamo verso casa. Una metro, un'altra, l'attesa a Brommaplan. All'una e mezza prendiamo il bus che esce dalla città, supera i sobborghi, si addentra per una piccola strada che corre sinuosa a raggiungere le isole che circondano il centro. Ci lascia nel mezzo del nulla, su un piccolo marciapiede da dove saltiamo sul primo bus e di lì un'altra mezz'ora verso il nulla della notte. Al secondo cartello Äppelfabriken scendiamo. Per venti minuti camminiamo lungo la stradina bordata di alberi scheletrici, senza un solo lampione, senza una luce pubblica. Qua e là le cucine delle fattorie con la loro lampada accesa, a orientarci. Costellazioni di stelle artificiali.
Ed infine il tuo fienile. L'odore forte della fermentazione delle mele, delle composte, delle marmellate, dei succhi. Una ripidissima scala a pioli ci porta nel sottotetto dove sdraiarsi finalmente, e riposare, custoditi da un guscio di liscio legno bianco.

lola



Le basse volte in mattoni a vista, mangiati dal tempo. Un freddo ipogeo leggermente scaldato dagli avventori del bar. Qualche tavolino, tazze di tè, un piattino con delle crêpes, un pezzo di torta. Il mio zaino da montagna anni ottanta appoggiato alla sedia. E noi che ci scaldiamo al fuoco della tua nuova idea.
Los metasasenados. Una serie di omicidi ideali, di soppressioni di vecchie consuetudini, e per ognuna una canzone. Il tuo nuovo nome, il logo. E comporre dalla vetrata di una sauna che affaccia sulle viscere del mare arenate nella periferia isolana di Stoccolma.
È pomeriggio. È notte. E qua sotto, due rampe di scale al di sotto della Västerlånggatan, nel quartiere vecchio, il tempo si è scordato di noi.

lunedì 19 novembre 2012

distanza in stanza



Un bus. Un treno, venti minuti a piedi, una doccia. Preparo lo zaino in fretta e riparto. Venti minuti a piedi e poi di nuovo treno. Una cena in compagnia ed un letto di fortuna. Sveglia presto, dieci minuti a piedi, metropolitana, aerobus. Aereo e poi aerobus.
Rimini, Bologna, Milano, Bergamo, Stoccolma.
Mezz'ora di bus, un'ora e mezzo di treno, quaranta minuti a piedi, un'ora di treno, metropolitana e un'ora di aerobus. Due ore e mezzo di aereo, un'ora e mezzo di aerobus.
Quattro chilometri, centoventi chilometri, quattro, duecentoventi, tre, cinquanta, milleseicento chilometri.
Un giorno di viaggio, completo.
E tutto per arrivare qui, su questo molo, nel nostro primo tramonto scandinavo.

sabato 3 novembre 2012

mica matto



- Shlomo, perchè sei tu il matto?
- Per caso. Io volevo fare il rabbino ma il posto era già preso. Visto che mancava il matto ho pensato: "Fai il matto se no lo fanno loro, fallo al posto loro".
- E non ti senti un po' solo?
- Oh no, non sono i matti che mancano.
- No, intendevo una donna. Perchè non hai moglie, Shlomo, dei bambini, una casa.
- Oh, no, non sono mica matto. [...] Li avrei amati troppo. Sarei morto d'amore. Impazzito. No no no.

Train de vie

giovedì 1 novembre 2012

incontentabile



Poichè tale è la natura umana, che le pene e i dolori simultaneamente sofferti non si sommano per intero nella nostra sensibilità, ma si nascondono, i minori dietro i maggiori, secondo una legge prospettica definita. Questo è provvidenziale, e ci permette di vivere in campo. Ed è anche questa la ragione per cui così spesso, nella vita libera, si sente dire che l'uomo è incontentabile: mentre, piuttosto che di una incapacità umana per uno stato di benessere assoluto, si tratta di una sempre insufficiente conoscenza della natura complessa dello stato di infelicità, per cui alle sue cause, che sono molteplici e gerarchicamente disposte, si dà un solo nome, quella della sua causa maggiore; fino a che questa abbia eventualmente a venir meno, e allora ci si stupisce dolorosamente al vedere che dietro ve n'è un'altra; e in realtà, una serie di altre.

Primo Levi