lunedì 24 marzo 2008

parassiti personali


Probabilmente è una forma rara di parassita. Un essere che fa il nido dentro quando sei piccolo e che te lo porti dentro, fino alla tomba.
Teme la luce, la gioia, la gente. Teme l’allegria.
Si nasconde quando pensi di averlo sconfitto e poi torna a galla con forza.
Ti spegne gli occhi e il desiderio.

A volte lo chiamano Nostalgia.

a la orilla de la chimenea



Puedo ponerme cursi y decir
que tus labios me saben igual que los labios
que beso en mis sueños,

puedo ponerme triste y decir
que me basta con ser tu enemigo, tu todo, tu esclavo,
tu fiebre, tu dueño

y si quieres también,
puedo ser tu estación y tu tren,
tu mal y tu bien,
tu pan y tu vino,
tu pecado, tu dios, tu asesino…

o tal vez esa sombra
que se tumba a tu lado en la alfombra,
a la orilla de la chimenea,
a esperar que suba la marea.


Puedo ponerme humilde y decir
que no soy el mejor, que me falta valor
para atarte a mi cama,

puedo ponerme digno y decir
"toma mi dirección, cuando te hartes de amores
baratos de un rato, me llamas"


y si quieres también,
puedo ser tu trapecio y tu red,
tu adiós y tu ven,
tu manta y tu frío,
tu resaca, tu lunes, tu hastío...

o tal vez ese viento
que te arranca del aburrimiento
y te deja abrazada una duda,
en mitad de la calle y desnuda,


y si quieres también,
puedo ser tu abogado y tu juez,
tu miedo y tu fe ,
tu noche y tu día,
tu rencor, tu porqué, y tu agionía...

o tal vez esa sombra
que se tumba a tu lado en la alfombra,
a la orilla de la chimenea,
a esperar que suba la marea.

sabato 22 marzo 2008

kiwi

Thanks to Michi for this funny video.
Enjoy yourself

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venerdi santo


Chi non lo baratterebbe?
I vecchi del villaggio che parlano alto, che non si curano dell’ufficialità della funzione, suore che richiamano bambini nel pieno della loro ribellione fanciullesca. Il buio, finalmente il buio, e le torce a illuminare i foglietti del coro. I cappucci alzati e il vento tagliente che dal mare sale sulle colline. La campagna illuminata solo ogni tanto dalle macchine che passano. La piccola chiesina con l’abside colorato.
Il senso ancora una volta materiale, corporeo, dei gesti semplici. Privi di disegno ed ornamenti. Gesti puri e semplici.
Chi non baratterebbe la metropoli con tutto ciò?

giovedì 20 marzo 2008

juno

Questi anni ci hanno abituato a personaggi femminili di grande forza, eroici nel loro affrontare le difficoltà quotidiane con irruenza e spavalderia degne di un cavaliere medievale. Questa volta il ruolo è interpretato da una sedicente sedicenne che, a suon di frasi taglienti, affronterà un'inaspettata gravidanza.

ritorni


Dal piccolo foro guardo giù e penso a quanto milioni di persone sotto di noi ci stiano ignorando. Un Paese intero. Un Paese che vedo vivere in macchine, case, navi.
Nel cielo di nessuno, sul mare tra Spagna e Italia, cala la notte.
Davanti alla sagoma dell’ala, verso l’Italia, il buio fagocita cielo e terra rendendole una cosa sola. Non una luce, non un orizzonte.
Sotto di noi la costa francese pavoneggia il suo profilo vestendo la collana luminosa delle sue città migliori. All’interno il Paese sembra una rete di sinapsi luminescenti, una maglia di poli e terminazioni nervose nel buio del tramonto.
Il sole muore annegato nel mare di nubi che copre la Spagna ed ogni ricordo, e ci lascia una volta di luce e colori a darci l’addio.
Si torna a casa.

mercoledì 19 marzo 2008

notte prima


Seduto su un letto che non è mio preparo il mio addio, mentre il mondo dorme. Svuoto cassetti e mensole. Cestino ricordi.
Viaggio leggero, mi dico, e non ho bisogno di materia per sapere cosa mi porto via da questa città.
I ragazzi intanto dormono, nel meritato sonno dei lavoratori che li cullerà fino all'indomani.
Su questo letto, alla luce sulfurea dell'ennesima notte fluorescente, levo gli ultimi ormeggi, riempio la valigia e svuoto il cuore.
Chissà chi decise, un giorno, che tutto quello che si perde diventa improvvisamente importante e dolce. Che tutto quanto è lontano dalla vita-qui è desiderabile e romantico.

domenica 16 marzo 2008

i'm not there


silence, experience shows, is what terrify people most

mixing people

Forse le persone sono percentuali di altre entità, di altre persone, mixate in proporzioni diverse.
Stasera al ristorante argentino c'era Cecilia, uno di quei personaggi nei quali ti sembra di riconoscere molto più che una sola persona.
Indubbiamente è un misto tra lo sguardo dell'Agne, le fattezze dell'Irina e il carattere della protagonista di Sex and the city.
Strano riconoscere così tanti risvolti nei piccoli gesti di una sconosciuta.


Come Gioia. Che quando parla ha tutta l'aria della Romagna di una volta, l'atmosfera di quella casa che Fellini ci raccontava anni fa. Eppure trai capelli e nel suo cappotto nuovo porta i venti di Barcellona e delle Ande.

giovedì 13 marzo 2008

casteldefels











Vi assicuro. Sembrava che ci guardassero.
La bianca chiesa mediterranea. La diroccata residenza rinascimentale.
Dalle finestre gotiche incastonate nel pulito maniero tardomedievale potevi sentire gli sguardi arrivare fin giù, nel grande piazzale principale, e condannarti:
Cosa ci fai nel mio castello? Non ho forse messo a guardia una candida chiesa per dissuadere i timorati di Dio? E non ho forse squarciato la casa, con tutte le sue decorazioni interiori esposte al cielo, a monito dei presuntuosi? Cosa ci fai tu laggiù, dove nessuno più dovrebbe stare?

sabato 8 marzo 2008

il cielo di Amelie




Sognavo di essere in quel film. Sognavo che le mie notti avessero l'aroma di un racconto, che il cielo fosse quello di un super8.
Stamattina, alle 5, il cielo della grande città era così luminoso da sembrare fosforescente.
E mentre respiravo l'aria fredda della notte, che sapeva di Granada, sul tetto di una qualche casa una bambina continuava a farsi domande sul mondo...

un sabato della vita


Nel sole del primo pomeriggio di un sabato Hector porta a spasso i suoi 60 anni da un appartamento all’altro, ed alla fine si ferma al primo piano di Muntaner 175. In silenzio dispone il tavolo nella grande terrazza assolata, sposta le sedie, controlla il grande vaso con le piante grasse. Ripassa mnemonicamente l’ordine del barbecue e si siede a contemplare la giornata che oggi ci tocca. Silenzioso taglia fettine di formaggio, allineandole con cura sul tagliere di legno aspettando che la sedia di fianco a lui smetta di essere vuota.
Trascorre il tempo, Hector, accompagnandosi con tanti piccoli gesti che prima era solito fare con sua moglie ed ora solo con suo figlio.

Arriva Juan. Capelli rossi perfettamente raccolti, occhiali alla moda. Ha fatto tardi ieri sera, ma questo non gli impedisce di godersi il suo piatto di pasta e di essere perfettamente pronto per dare l’assalto ad un altro giorno. A volte le immagini più semplici sono quelle più emblematiche. Juan morde la vita, con avidità e gusto, mentre Hector lo accompagna come un discreto coprotagonista.

caotica ana - julio medem

Onirico e allucinato come sempre. All'insegna di un conto alla rovescia ipnotico Ana scoprirà che attraverso di lei passano le vite di molte altre donne, di molte religioni e culture, di altri tempi.

venerdì 7 marzo 2008

a bon droyt - capitolo 12 - la fine


“Puttana miseria”. Metto personalmente la mia parola di uomo d’onore: il sig. Gauthier non era tipo da parolacce. La sua faccia crollò nello stesso momento della sua valigia a terra. Di fronte a lui uno spettacolo da fine del mondo: il piazzale del castello sembrava brutalmente trasformato in una discarica: sedie rotte dappertutto, cartacce come un tappeto, tavoli, bottiglie a non finire, botti da osteria divelte.
“Eh già! Gliel’avevo detto che non era un bello spettacolo!” l’ispettore Egide stava al fianco del sig. Gauthier con vago sorriso dipinto sul volto.
“Ma non credevo così tanto….”
“Devastato?”
Infondo al piazzale giaceva, abbandonato come un uomo dopo una lunga notte in buona compagnia, niente meno che un palco. Doveva essere stato abbastanza bruttino anche quando era intero, ma ora giaceva disfatto, sfasciato e divelto.
Dalla torre svolazzava una fune con ancora appese alcune lanterne, le più ardite erano volate letteralmente via finendo sui tetti del castello o chissà dove.
“…e dice che nessuno ricorda nulla?”
“Mi dispiace ma quando siamo arrivati, questa notte, non ci aspettavamo tanta gente. Sono scappati quasi tutti i pochi che siamo riusciti a trattenere sono ancora ubriachi, ma temo che non ne sappiano più di noi.”
“…e c’è stato uno spettacolo teatrale… vero?”
“Si, sappiamo che qualcuno a messo in scena, clandestinamente, uno spettacolo.”
“Grazie ispettore… credo che lei possa andare…”
“E riguardo a Adrien”
“Oh… già… be rilasciatelo non mi importa se c’entra oppure no… non intendo sporgere denuncia.”
“Arrivederci allora!”
“Arrivederci.”

“Irmine!”
“Dimmi Briac…”
“Portami un’altra boccia, sei sicura che Francesco non ha lasciato detto nulla?”
“No Briac. Sta mane ho trovato i soldi della pigione sul suo letto e la stanza già pulita.”
“OH Briac!!”
“Dimmi Anton…”
“Sai che Elsie e Andrè si sposano?”
“Alla salute!”

Era una mattina assolata e felice. Di quelle con il fondale dipinto a campi di grano, in una campagna che sembrava non avere alcuna preoccupazione al mondo, in mezzo ai campi c’era una stradina che collegava due paesini: uno era Vierzon, l’altro era Limeux.
Due uomini stavano seduti sul ciglio della strada, tutti e due con le rispettive valige.
“Da dove sei uscito?”
“Dal portone principale…”
“Rifarti la torre in discesa non ti andava?”
“Decisamente no… e poi l’importante era entrare.”
“E tutto questo a cosa sarebbe servito?”
“Volevo che sapesse che non mi sono dimenticato della promessa…”
“…”
“…”
“per sempre… giusto?”
“Giusto”
i due uomini non si guardavano mentre parlavano, poi uno di loro trasse di tasca una busta.
“Ieri sera dopo essere entrato nella torre sono sceso nello studio e gli ho lasciato l’anello.”
“Quel anello???”
“si, l’ho lasciato sulla sua scrivania.”
“Pensavo ci tenessi”
“non mi serve più…”
“Quella è lei?”
“tieni te la regalo”
“E’ la sua ultima lettera?”
“…”
“Non mi serve più.”
“Cosa dovrei farci?”
“Quello che ti pare”

Detto questo Francesco si alzò e prese la sua valigia:
“Arrivederci”
“Un ultima cosa… perché hai voluto che venissi qui?”
“Volevo che vedessi”
“…”
“Ora hai un'altra storia da raccontare no?”
“…”
“Addio…”

Francesco si incamminò senza voltarsi e lo sconosciuto rimase seduto sul ciglio della strada in mezzo ai campi dipinti dal sole cocente.
In mano teneva l’ultima lettera che lei aveva scritto a Francesco molti anni prima.
L’aprì.
Lesse le ultime parole scritte dalla mano di lei: “…per sempre” e la firma di lei; quel nome che aveva dato tanta pena al suo amico.

Si alzò e si incamminò nella direzione opposta a quella di Francesco.




FINE

mercoledì 5 marzo 2008

pinos


Mi siedo e la cerco trai relatori. La riconosco, anche se da dove sono posso scorgerne solo la nuca, ma quei capelli antrace rigati di bianco non mentono. Poi si gira, e ricordo perché mi aveva stregato la prima volta. Lo sguardo comunica sicurezza ed intelligenza. Poi le viene ceduta la parola per presentare il progetto di Plaça de la Gardunya, progetto del suo studio, Estudio Carme Pinos. Sto in piedi perché non posso parlare del mio progetto stando seduta, dice. Il pubblico ride. È forte. Incredibilmente bambina dietro quelle vestigia antiche. Le mani gesticolano accompagnando il loro movimento con il tintinnare dei numerosi bracciali. Racconta concitata, un racconto che già ho sentito a Firenze, ma sempre affascinante. Ci sono gli ultimi sviluppi, i cambiamenti, le intenzioni. Tutto raccontato con degli occhi dallo sguardo intenso, che non capisci se ti stanno osservando o trapassando. Incredibile. Come se l’origine della sua mirada stesse molto più dietro, nella profondità dell’essere.

martedì 4 marzo 2008

la biblioteca




Ore 18.27.
Marco, ¿hablamos?
Seguo Carmen attraverso il corridoio, l’ingresso, un piccolo studiolo, fino ad arrivare alla libreria dove si trova il tavolo per le riunioni. Al di fuori delle 3 grandi vetrate una Barcellona spazzata da anomali venti nordici si muove al calar del sole.
Mi siedo sulla sedia di vimini pronto ad ascoltare cosa Carmen ha da dirmi, sapendo già che sarò inondato dal suo fiume di parole talvolta incoerenti e fuorvianti.
Stranamente, invece di sentirmi in balia della situazione, mi sento forte, certo di quali sono gli obiettivi e le condizioni. E questo mi mette a mio agio. Ascolto e parlo poco, come un animale guardingo, che sa di dover mostrare forza e lasciare poco spazio al dubbio. Mi spiega tante cose, Carmen, di concorsi, residenze, crolli di ipoteche. Mi limito ad assentire e sento crescere in me la sensazione di essere come un giovane pugile che ricorda ancora il dolore degli ultimi pugni, cocente sul volto ed allo stomaco. Ricorda la guardia bassa e lo scarso gioco di gambe e allora alza i pugni, parla poco, osserva e ragiona velocemente. Valuta la situazione e le possibilità che si aprono. Ogni parola risparmiata porta a una nuova apertura da parte dell’avversario e a nuove prospettive.
Quando tocca a me so come agire. Ho imparato a conoscere il mio capo. So cosa voglio e di cosa ho bisogno.
Tema per la tesi e soldi. Sono le due condizioni perché io rimanga.
Rimaniamo d’accordo che all’inizio di aprile ci sentiremo per comunicarci le nostre decisioni.
Me ne vado contento, come chi ha vinto una piccola battaglia personale, senza sangue ma senza vergogne né timori.
Il pugile ha imparato a muoversi sul ring. A quanto pare pian piano comincerà a ballarci su quel quadrato.

lunedì 3 marzo 2008

senso unico


La luce attraverso le finestre altrui come il teatrino della vita quotidiana. Seduto sulla mia poltrona osservo i vuoti delle case e immagino i suoni che fin qui non arrivano. Gli odori, i piatti, gli umori. I bui. Le penombre.
E le mute ricerche di ognuno.
Ognuno si divincola nel traffico dell’anima intento a trovare la sua direzione.
E se un giorno tutto fosse improvvisamente facile, e la strada fosse indicata chiaramente e senza dubbio?

fiori di loto




In fondo, forse, non c’è bisogno di molto di più. Tutto sta nelle pieghe di un muffin ancora mezzo surgelato, mangiato sdraiati su una panchina di un qualsiasi Starbucks del mondo. Forse i fiori più profumati sono quelli che fiori non sono, ma che del fiore portano il significato.

boqueria


Sotto un cielo che non riesce ancora ad essere primaverile schiviamo i mimi della Rambla che attirano i turisti con gli stessi sketch da anni. La Boqueria, con il suo continuo formicolio, attira la nostra attenzione e ci attrae con le sue bancarelle di ardite composizioni di frutta.
Le papaye, si sa, si attraggono tra loro, e sfoggiano la loro eleganza in una silenziosa danza che scivola tra gli altri frutti. Un zumo de papaya, por favor.

succo di papaya



domenica 2 marzo 2008

la finestra sul cortile


Finalmente si torna a vedere il sole.
La stanza nuova è almeno 3 volte quella di prima e con una porta finestra grande quanto una parete che permette di accedere al balcone. Davanti sfila il collage delle vite dei vicini, che si muovono dalle loro finestre come i fotogrammi di un film giapponese..

sabato 1 marzo 2008

godi godi buongiorno 3

“Claire, porta un caldo abbraccio a quel signore nell’angolo…” disse il padrone mentre tirava fuori da un frigo una bottiglia di succo, “…e Claire…” si fermo a mezza frase. Claire lo guardò con aria interrogativa, il cassiere stava già fissando l’orologio e tutti si accorsero che c’era qualcosa che non andava.
Erano le 12.20 e il telefono non aveva squillato.
La vita ha un senso dell’umorismo, ma volte le sue battute non fanno ridere nessuno, anzi.

Quel giorno moriva kubrick, nasceva Aristotele, e una ragazza il cui nome mi è ignoto usciva dal lavoro come tutti i giorni da 3 mesi a questa parte per recarsi alla più vicina cabina del telefono e trovare la morte che l’attendeva nel mezzo della strada sorpresa soprappensiero da un camionista con discutibili gusti in fatto di adesivi da carrozzeria: uno dei quali rappresentava proprio la morte.
Io la vidi.
Guardava a terra.
Ferma.
Non feci in tempo a urlare.
Non feci in tempo a fare nulla.
Guardava una pozzanghera.

“Finalmente quel maledetto stupido ha smesso di prenderci per il ****.” Disse il padrone ad alta voce quel giorno, mentre Claire rispondeva al telefono un'altra volta, “Godi Godi Buongiorno?”, quella battuta che ti rinfresca la giornata.