venerdì 30 marzo 2012
venerdì 23 marzo 2012
la verità
domenica 18 marzo 2012
one step inside
venerdì 16 marzo 2012
long way home
mercoledì 14 marzo 2012
e(s)senza
Complicare è facile, semplificare è difficile.
Per complicare basta aggiungere, tutto quello che si vuole: colori, forme, azioni, decorazioni, personaggi, ambienti pieni di cose.
Tutti sono capaci di complicare.
Pochi sono capaci di semplificare.
Per semplificare bisogna togliere, e per togliere bisogna sapere che cosa togliere, come fa lo scultore quando a colpi di scalpello toglie dal masso di pietra tutto quel materiale che c'è in più. Teoricamente ogni masso di pietra può avere al suo interno una scultura bellissima, come si fa a sapere dove ci si deve fermare nel togliere, senza rovinare la scultura?
Togliere invece che aggiungere vuol dire riconoscere l'essenza delle cose e comunicarle nella loro essenzialità. [...]
La semplificazione è segno di intelligenza, un antico detto cinese dice: quello che non si può dire in poche parole non si può dirlo neanche in molte.
Bruno Munari
martedì 13 marzo 2012
la resa
Io, che non ero stato capace di scendere da questa nave, per salvarmi sono sceso dalla mia vita. Gradino dopo gradino. E ogni gradino era un desiderio. Per ogni passo, un desiderio a cui dicevo addio.
Non sono pazzo, fratello. Non siamo pazzi quando troviamo il sistema per salvarci. Siamo astuti come animali affamati. Non c’entra la pazzia. È genio, quello. È geometria. Perfezione. I desideri stavano strappandomi l’anima. Potevo viverli, ma non ci sono riuscito.
Allora li ho incantati.
E a uno a uno li ho lasciati dietro di me. Geometria. Un lavoro perfetto. Tutte le donne del mondo le ho incantate suonando una notte intera per una donna, una, la pelle trasparente, le mani senza un gioiello, le gambe sottili, ondeggiava la testa al suono della mia musica, senza un sorriso, senza piegare lo sguardo, mai, una notte intera, quando si alzò non fu lei che uscì dalla mia vita, furono tutte le donne del mondo. Il padre che non sarò mai, l’ho incantato guardando un bambino morire, per giorni, seduto accanto a lui, senza perdere nulla di quello spettacolo tremendo bellissimo, volevo essere l’ultima cosa che guardava al mondo, quando se ne andò, guardandomi negli occhi, non fu lui ad andarsene, ma tutti i figli che mai ho avuto.
La terra che era la mia terra, da qualche parte del mondo, l’ho incantata sentendo cantare un uomo che veniva dal nord, e tu lo ascoltavi e vedevi, vedevi la valle, i monti intorno, il fiume che adagio scendeva, la neve d’inverno, i lupi la notte, quando quell’uomo finì di cantare finì la mia terra, per sempre, ovunque essa sia. Gli amici che ho desiderato li ho incantati suonando per te e con te quella sera, nella faccia che avevi, negli occhi, io li ho visti, tutti, miei amici amati, quando te ne sei andato, sono venuti via con te. Ho detto addio alla meraviglia quando ho visto gli immani iceberg del mare del Nord crollare vinti dal caldo, ho detto addio ai miracoli quando ho visto ridere gli uomini che la guerra aveva fatto a pezzi, ho detto addio alla rabbia quando ho visto riempire questa nave di dinamite, ho detto addio alla musica, alla mia musica, il giorno che sono riuscito a suonarla tutta in una sola nota di un istante, e ho detto addio alla gioia, incatenandola, quando ti ho chiesto di entrare qui. Non è pazzia, fratello. Geometria. È un lavoro di cesello. Ho disarmato l’infelicità. Ho sfilato via la mia vita dai miei desideri.
A. Baricco - Novecento
lunedì 12 marzo 2012
la maschera
venerdì 2 marzo 2012
quotidiano nazionale
Ormai li sento come pesci lontani, muti dietro ad un vetro. Mi danzano intorno in palestra, al supermercato, a casa. Svolazzano di futilità in futilità. Tessono la loro coreografia di inutilità. Discutono di cose assolutamente inessenziali.
Li sento sempre più distanti, razza umana distinta dalla mia, tribù di un'altra epoca. Anello evolutivo che ha trasformato il banale in modello di vita, la stupidità in possibilità di evasione.
Ormai la mia allergia all'ordinario, al quotidiano, sembra diventata irrefrenabile. Una barca alla deriva, e sperare che sia tu la mia àncora pare sia da stolti.
Eppure
Vorrei che tu mi servissi da specchio e da censore, quando cadessi nel banale, o nel convenzionale o, peggio, nel disonesto. Nissim Momigliano
giovedì 1 marzo 2012
maldita parquedad
Maldita parquedad, terrible hàbito ése de pedirle lo imposible a sus hombres y luego pensar que lo imposible es sòlo lo necesario. Paco Ignacio Taibo III
Dannata parsimonia. Quella che ci impone di asciugare i sentimenti e le necessità. Quella che rode il fisico ed affina la mente, fanti nella battaglia del quotidiano. Dannata severità, morsa asfissiante sulle imperfezioni altrui e spada inesorabile su di noi. Quell'incapacità di lasciar spazio all'umano quando la meta si avvicina. Dannata ostinazione, desiderio puro, animo utopico senza compromessi. Onestà. Dannata onestà.
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