venerdì 19 febbraio 2016

canzone dei dodici mesi




Viene Gennaio silenzioso e lieve
un fiume addormentato, fra le cui rive giace come neve
il mio corpo malato, il mio corpo malato.
Sono distese lungo la pianura
bianche file di campi, son come amanti dopo l'avventura
neri alberi stanchi, neri alberi stanchi

Viene Febbraio, e il mondo è a capo chino
ma nei convitti e in piazza lascia i dolori e vesti da Arlecchino,
il carnevale impazza, il carnevale impazza.
L'inverno è lungo ancora
ma nel cuore appare la speranza, nei primi giorni di malato sole
la primavera danza, la primavera danza.

Cantando Marzo porta le sue piogge
la nebbia squarcia il velo, porta la neve sciolta nelle rogge
il riso del disgelo, il riso del disgelo.
Riempi il bicchiere
e con l'inverno butta la penitenza vana, l'ala del tempo batte troppo in fretta,
la guardi, è già lontana, la guardi, è già lontana. 

O giorni, o mesi che andate sempre via
sempre simile a voi è questa vita mia. 
Diverso tutti gli anni, ma tutti gli anni uguale,
la mano di tarocchi che non sai mai giocare, che non sai mai giocare.

Con giorni lunghi al sonno dedicati 
il dolce Aprile viene. / Quali segreti scoprì in te il poeta 
che ti chiamò crudele / che ti chiamò crudele.
Ma nei tuoi giorni è bello addormentarsi
dopo fatto l'amore  / come la terra dorme 
nella notte dopo un giorno di sole / dopo un giorno di sole.

Ben venga Maggio e il gonfalone amico 
ben venga primavera, il nuovo amore getti via l'antico 
nell'ombra della sera, nell'ombra della sera.
Ben venga Maggio, ben venga la rosa 
che è dei poeti il fiore, mentre la canto con la mia chitarra
brindo a Cenne e a Folgore, brindo a Cenne e a Folgore.

Giugno, che sei maturità dell'anno
di te ringrazio Dio: in un tuo giorno, sotto al sole caldo
ci sono nato io, ci sono nato io.
E con le messi che hai fra le tue mani 
ci porti il tuo tesoro, con le tue spighe doni all'uomo il pane
alle femmine l'oro, alle femmine l'oro.

O giorni, o mesi che andate sempre via,
sempre simile a voi è questa vita mia. 
Diverso tutti gli anni, ma tutti gli anni uguale, 
la mano di tarocchi che non sai mai giocare, che non sai mai giocare.

Con giorni lunghi di colori chiari ecco Luglio, il leone, 
riposa, bevi e il mondo attorno appare 
come in una visione, come in una visione.
Non si lavora Agosto, nelle stanche tue lunghe oziose ore
mai come adesso è bello inebriarsi 
di vino e di calore, di vino e di calore.

Settembre è il mese del ripensamento 
sugli anni e sull'età, dopo l'estate porta il dono usato 
della perplessità, della perplessità.
Ti siedi e pensi e ricominci il gioco della tua identità, 
come scintille brucian nel tuo fuoco
le possibilità, le possibilità.

Non so se tutti hanno capito Ottobre la tua grande bellezza: 
nei tini grassi come pance piene 
prepari mosto e ebbrezza, prepari mosto e ebbrezza.
Lungo i miei monti, come uccelli tristi 
fuggono nubi pazze, lungo i miei monti colorati in rame 
fumano nubi basse, fumano nubi basse.

O giorni, o mesi che andate sempre via, 
sempre simile a voi è questa vita mia. 
Diverso tutti gli anni, e tutti gli anni uguale, 
la mano di tarocchi che non sai mai giocare, che non sai mai giocare.

Cala Novembre e le inquietanti nebbie gravi coprono gli orti, 
lungo i giardini consacrati al pianto 
si festeggiano i morti, si festeggiano i morti.
Cade la pioggia ed il tuo viso bagna di gocce di rugiada 
te pure, un giorno, cambierà la sorte 
in fango della strada, in fango della strada.

E mi addormento come in un letargo, Dicembre, alle tue porte, 
lungo i tuoi giorni con la mente spargo 
tristi semi di morte, tristi semi di morte.
Uomini e cose lasciano per terra esili ombre pigre, 
ma nei tuoi giorni dai profeti detti
nasce Cristo la tigre, nasce Cristo la tigre.

O giorni, o mesi che andate sempre via, 
sempre simile a voi è questa vita mia. 
Diverso tutti gli anni, ma tutti gli anni uguale, 
la mano di tarocchi che non sai mai giocare, che non sai mai giocare.

Canzone dei dodici mesi - Francesco Guccini

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