giovedì 1 febbraio 2007

ipse dixit. Ernesto Nathan Rogers

Ed ecco che se i maestri ci avevano dato l’esempio della lotta, e l’avevano iniziata in nome di una umanità teorizzata, noi dovevamo continuare la battaglia, ma scendendo in campo gomito a gomito fra gli altri uomini: se la bandiera dei nostri immediati predecessori si chiamava “Avanguardia”, la nostra ha il nome di “Continuità”.

Noi crediamo nel fecondo ciclo uomo-architettura-uomo e vogliamo rappresentarne il drammatico svolgimento: le crisi; le poche, indispensabili certezze e i molti dubbi, ancor più necessari; siccome pensiamo che essere vivi significhi, soprattutto, accettare la fatica del quotidiano rinnovamento, col rifiuto delle posizioni acquisite, nell’ansia fino all’angoscia, nel perpetuarsi dell’agone nell’allargare il campo all’umana “simpatia”.

Essere liberi non è una condizione che si possiede per nascita, ma è un valore potenziale che, attraverso gli anni, si conquista o si perde per sempre.

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