sabato 27 ottobre 2007

Seta- Alessandro Baricco - il film


Baricco è un Omero moderno. Usa quadri mentali, pitture immaginarie, è un regista che suggerisce al lettore la sequenza di un film in cui le immagini sono nascoste dietro e dentro alle parole.
Seta è una storia orientale. Ha i ritmi, i riti, i silenzi ed i pensieri del Giappone. I viaggi sono rituali, sono quasi preghiere nel loro presentarsi ciclico ed indifferente:
Poiché Baldabiou aveva deciso così, Hervé Joncour ripartì per il Giappone il primo giorno d’ottobre. Varcò il confine francese vicino a Metz, attraversò il Wurttemberg e la Baviera, entrò in Austria, raggiunse in treno Vienna e Budapest per poi proseguire fino a Kiev. Percorse a cavallo duemila chilometri di steppa russa, superò gli Urali, entrò in Siberia, viaggiò per quaranta giorni fino a raggiungere il lago Bajkal, che la gente del luogo chiamava: il demonio. Ridiscese il corso del fiume Amur, costeggiando il confine cinese fino all’Oceano, e quando arrivò all’Oceano si fermò nel porto di Sabirk per undici giorni, finché una nave di contrabbandieri olandesi non lo portò a Capo Teraya, sulla costa ovest del Giappone. A piedi, percorrendo strade secondarie, attraversò le province di Ishikawa, Toyama, Niigata, entrò in quella di Fukushima e raggiunse la città di Shirakawa, la aggirò sul lato est e aspettò due giorni un uomo vestito di nero che lo bendò e lo portò al villaggio di Hara Kei.
[…]
Hervé Joncour si imbarcò, a Takaoka, su una nave di contrabbandieri olandesi che lo portò a Sabirk. Da lì risalì il confine cinese fino al lago Bajkal, attraversò quattromila chilometri di terra siberiana, superò gli Urali, raggiunse Kiev e in treno percorse tutta l’Europa, da est a ovest, fino ad arrivare, dopo tre mesi di viaggio, in Francia. La prima domenica di aprile- in tempo per la Messa grande- giunse alle porte di Lavilledieu.

Il regista François Girard abbandona l’aura orientale-rituale del romanzo per portarlo sui binari (tutti dritti) di una storia d’amore che si svolge più in Francia che in Giappone. Di una storia più fatta di parole comuni che di silenzi. In realtà i protagonisti di Seta non sono damerini francesi, e la loro vita non è quella dell’Europa fine 1800.
Non sembrava vita: se c’era un nome per tutto quello, era: teatro.
Dalle musiche ai dialoghi, dai ritmi alla fotografia, la storia parla di Occidente. E la conclusione del film parla più di una fine che di una vita fatta di piccoli momenti infiniti, come il romanzo invece suggerisce:
Il resto del suo tempo lo consumava in una liturgia di abitudini che riuscivano a difenderlo dall’infelicità.

2 commenti:

Amélie ha detto...

insomma. quel che volevo dire, con sta critica che LUKE chiamerebbe SUPERCAZZOLA, è che non vale la pena di vederlo al cinema

Amélie ha detto...
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