sabato 10 gennaio 2009

un respiro cosciente


Giro la chiave nel quadro e il motore si accende, ruggente e soffice.
Fa freddo. Penso: ora accendo il riscaldamento.
È questione di un respiro. Uno strano sentimento comincia ad invadere il mio cervello come un friccicorìo anomalo. I secondi successivi sono occupati a tentare di capire cos’è che la pelle ha percepito e l’intelletto ancora no, a dare parole ad una sensazione.
E quello che la ragione capisce è questo.
La vita gitana di questi giorni, questo modo brutalmente semplice di esistere cui attingo tutte le volte che posso, ha questo di magnifico: elimina ogni forma di dipendenza da oggetti e simboli, riportando l’uomo alla sua radice, alla sua base, quasi alla sua animalità.
Quel tanto che basta per ripararsi dalle avversità atmosferiche, un tetto dove ritrovarsi, qualcosa da mettere dentro lo stomaco e la compagnia umana. Il resto, tutto il resto (da questa macchina a questo computer), sono lusso. Ossia cose di cui realmente non abbiamo bisogno. E quando le abbiamo, oltre a ringraziare, dobbiamo stare attenti a non dar loro più del ruolo che hanno. Oggetti di lusso.

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