venerdì 18 giugno 2010

vestite a festa


Ascolto parole il cui sapore riconosco. Parole che suonano familiari nella mia bocca. Parole che mi compiacciono. Parole di ambizione ed intraprendenza.
E le sento fastidiose, irritanti, scomode e vuote come falsità vestite a festa.
Il mio pensiero va ai giorni, alle settimane che scompaiono dietro di me rapide e invisibili, fagocitate dai carichi di lavoro e dalla smania di divorare la poca vita rimasta. Va agli attimi di respiro affannato e convulso in cui si tenta di assaporare tutto. E mi chiedo cosa vale.
Le lingue. Le città, le nazioni, le persone, le foto, le luci, i suoni, le chitarre, le canzoni, i cibi, gli alcolici, le notti, le ore insonni, i letti disfatti, le mattine da coglioni, i chilometri divorati, gli aerei, i treni, le auto, le bici, i piedi. I progetti. I desideri fuggenti e arraffati.
Cosa vale? Cosa? Quale pietra fonda la mia casa? Da che arco devo cominciare a decorare la mia vita?

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