domenica 27 febbraio 2011

la cura


Sarò forse ripetitivo, ma in questo caso ci vuole. La vita con la vita si cura. Non c’è altro mezzo.

La solitudine, l’eremitaggio, il castigo, la frugalità, la sofferenza, la creazione, l’ordine. Tutto questo serve ad accrescere in noi il senso di noi stessi, a dare un dominio al nostro essere infiniti.

Ma il nostro vivere, il nostro stare in questo mondo, lo si addestra solamente vivendo. E niente più.

Grazie Lomps.

venerdì 18 febbraio 2011

il vuoto con il mondo intorno


Il succo poi è questo. Un vuoto arginato da una cornice. Non c’è molto di più.

Una finestra è l’emblema della casa. Un confine che argina lo spazio, quasi che fosse questo, lo spazio, a sorreggere la materialità dei suoi confini. Paradossale, no? Ciò che definisce la casa è il suo essere vuota all’interno, chè altrimenti non ci sarebbe possibilità di movimento, di vita, al suo interno. E, quindi, non ci sarebbe casa. Come se la separazione di un vuoto dal resto del vuoto lo definisse in maniera differente.

Non vedi come, in fondo, tutti noi siamo finestre? Cornici di varia foggia e grandezza, ma tutte determinate dal paesaggio che racchiudono dentro. È una questione di prospettive. Per conoscere una finestra spesso bisogna conoscere ciò che essa cela, da cui ci divide.

martedì 8 febbraio 2011

tu vida en 65 minutos


Siempre que pierdo algo me doy cuenta de cuanto lo necesito

[...]
¿Algunas veces os habeis sentido tan felices ... tan tan felices ... que habeis pensado que jamás os sentirais tan felices? Vuestra vida ha llegado a una perfeccion tal que quizás no vale la pena buscar más.

domenica 6 febbraio 2011

walden, ovvero la vita nei boschi - H.D.Thoreau


È duro avere un sorvegliante sudista; ancora più duro averne uno nordista; peggio di tutto, però, è essere negrieri di se stessi.

[…] L’opinione pubblica è un tiranno assai debole, paragonata alla nostra opinione personale.

[…] La maggioranza degli uomini vive in quieta disperazione. Ciò che si chiama rassegnazione è disperazione rafforzata.


Molti lussi e molte delle cosiddette comodità della vita sono non solo inutili ma addirittura effettivi intralci alla elevazione morale dell’uomo. Per quanto riguarda lussi e comodità, i più saggi hanno sempre condotto una vita più semplice e grama di quella dei poveri.

[…] Nessuno può osservare la vita umana con maggior saggezza e imparzialità che da quella posizione vantaggiosa offerta da una povertà che noi definiremmo scelta volontariamente.


Un uomo è ricco in proporzione al numero di cose delle quali può fare a meno.

[…] “Sono monarca di tutto ciò che osservo \ e nessuno contesta il mio diritto”

[…] Che differenza c’è tra l’essere relegato in un podere o in una prigione di contea?


Trovo salutare restare solo per la maggior parte del tempo. Essere in compagnia, anche dei migliori, provoca subito noie e dispersioni. Amo restar solo.

[…] Per la maggior parte, noi siamo più soli quando usciamo tra gli uomini che quando restiamo in camera nostra. Un uomo che pensi o lavori è sempre solo.

[…] Di solito la compagnia è troppo da poco. C’incontriamo a intervalli molto brevi, non avendo avuto il tempo di acquistare qualsiasi nuovo valore reciproco. C’incontriamo ai pasti tre volte al giorno, e reciprocamente offriamo un nuovo assaggio di quel vecchio formaggio ammuffito che siamo.


Fa sì che il guadagnarsi da vivere non sia un mestiere ma un divertimento. Godi della terra, senza però possederla.


Credo che ogni uomo che sia sempre stato sincero nel conservare nelle migliori condizioni le proprie più alte e poetiche facoltà, sia stato particolarmente incline ad astenersi dal cibo animale e da molto cibo di qualsiasi genere.

venerdì 4 febbraio 2011

l'altalena


In fondo non si riduce che a questo, il problema.

Non essere abbastanza intelligente per rispondere alle domande che sorgono dentro, e non essere abbastanza stupido per ignorarle.

L’inquietudine, compagna fedele di ogni ora, non è altro.

mercoledì 2 febbraio 2011

nebbie


Corro. Qui a China Town è capodanno, ma non se ne accorge nessuno.

Mi lascio scorrere i padiglioni industriali a lato infilandomi nella nebbia, senz’altra direzione che il “più fuori possibile”. Ed è passando di qui, tra edifici delle nuove periferie, padiglioni industriali e strade senza vita, che mi si chiarisce l’affetto che provo per questi posti. Mondo ai confini tra selvatico ed addomesticato, tra costruito e naturale. Luoghi dove l’imprevisto è ancora la norma, dove l’ordine deve essere labile per sopravvivere. Dove il tempo passa ancora sugli oggetti ed i suoi solchi sono memoria del passato.

Un mondo di degrado, di assenza di socialità, di povertà. Dove l’uomo può ancora essere bestia tra bestie, anello elevato di una catena millenaria.

È la sintonia con il mio mondo interiore. Con lo scuro della mia anima macchiata di fondi di caffè.