Il mio primo
pranzo in città arriva intorno alle sei del pomeriggio ed è costituito da
patate e crocchette, oltre all'immancabile caña. Sto già un po' meglio.
Appoggiata la valigia ci incamminiamo verso il concerto.
Le parole
corrono lungo i marciapiedi del Rastro tentando di trovare un loro ritmo.
Mentre risaliamo la collina in direzione di Plaza Mayor il passato riemerge
dagli angoli della città e si sovrappone al presente. Una piazza che ancora non
aveva conosciuto gli Indignati, sulla quale regnavano i mimi e gli artisti di
Noviembre. L'ostello "Dolce Vita" e le sue camere colorate, una
diversa dall'altra, le lampade a forma di stella. Una testa sconosciuta che
dorme sulla mia spalla in un bus notturno. Chueca coi suoi abitanti, i suoi bar
alla moda, la sua irriverenza. Il Dmystic ed i sottobicchieri con la spirale,
una maglietta troppo corta, un bagno da applausi. La musica nella notte. I
"100 montaditos", la cintura che ancora porto, un'intervista sul
tetto della Casa Encendida, nostra insperata scoperta. La facciata verde del
Caixa Forum non ancora terminato. Cibele che guarda a sud dall'alto del suo
carro e Atocha, la grande serra verde che custodisce le arterie metalliche
della capitale.
Ubriacato da
tante immagini scorro il presente con una strana malinconia che tento di
ricacciare indietro.
Plaza Mayor
è rosa. Una moltitudine di ragazze e donne di tutte le età ha occupato quasi
metà della piazza e, radunate di fronte ad un palco dove 4 ragazzi si dimenano,
si muovono simultaneamente a ritmo di salsa.
In Puerta
del Sol, nonostante il nome, non c'è ancora la porta e non c'è più il manifesto
gigante di Gasol.
Ci dirigiamo
verso ovest, direzione Manzanares e, birra in mano, decidiamo di dimenticarci
del gruppo spalla.
La Riviera sembra
un edificio abbandonato, un ammasso di volumi e tetti a spiovere da cui fuoriescono
i nidi metallici degli impianti. Dentro il buio fa il suo dovere, nascondendo
palme di plastica, soffitti rimediati, ballatoi di dubbia utilità.
I Vetusta
Morla , illuminati da sei grandi lampade, suonano la carica e predicano di non
arrendersi alla situazione presente. La carica è assicurata e noi proviamo a
perdere la voce cantando dall'inizio alla fine.
Habrá que inventarse una salida / Que el destino
no nos tome las medidas / Hay esperanza en la deriva.
Salutiamo i
nostri compagni musicali e torniamo a solcare i marciapiedi nella notte
madrileña fino a La Latina e poi al Rastro. La notte ed il sonno mi inghiottono
in breve, nuovo cittadino di una nuova città.