giovedì 19 giugno 2014

la deriva




Il mio primo pranzo in città arriva intorno alle sei del pomeriggio ed è costituito da patate e crocchette, oltre all'immancabile caña. Sto già un po' meglio. Appoggiata la valigia ci incamminiamo verso il concerto.
Le parole corrono lungo i marciapiedi del Rastro tentando di trovare un loro ritmo. Mentre risaliamo la collina in direzione di Plaza Mayor il passato riemerge dagli angoli della città e si sovrappone al presente. Una piazza che ancora non aveva conosciuto gli Indignati, sulla quale regnavano i mimi e gli artisti di Noviembre. L'ostello "Dolce Vita" e le sue camere colorate, una diversa dall'altra, le lampade a forma di stella. Una testa sconosciuta che dorme sulla mia spalla in un bus notturno. Chueca coi suoi abitanti, i suoi bar alla moda, la sua irriverenza. Il Dmystic ed i sottobicchieri con la spirale, una maglietta troppo corta, un bagno da applausi. La musica nella notte. I "100 montaditos", la cintura che ancora porto, un'intervista sul tetto della Casa Encendida, nostra insperata scoperta. La facciata verde del Caixa Forum non ancora terminato. Cibele che guarda a sud dall'alto del suo carro e Atocha, la grande serra verde che custodisce le arterie metalliche della capitale.
Ubriacato da tante immagini scorro il presente con una strana malinconia che tento di ricacciare indietro.
Plaza Mayor è rosa. Una moltitudine di ragazze e donne di tutte le età ha occupato quasi metà della piazza e, radunate di fronte ad un palco dove 4 ragazzi si dimenano, si muovono simultaneamente a ritmo di salsa.
In Puerta del Sol, nonostante il nome, non c'è ancora la porta e non c'è più il manifesto gigante di Gasol.
Ci dirigiamo verso ovest, direzione Manzanares e, birra in mano, decidiamo di dimenticarci del gruppo spalla.
La Riviera sembra un edificio abbandonato, un ammasso di volumi e tetti a spiovere da cui fuoriescono i nidi metallici degli impianti. Dentro il buio fa il suo dovere, nascondendo palme di plastica, soffitti rimediati, ballatoi di dubbia utilità.
I Vetusta Morla , illuminati da sei grandi lampade, suonano la carica e predicano di non arrendersi alla situazione presente. La carica è assicurata e noi proviamo a perdere la voce cantando dall'inizio alla fine.
Habrá que inventarse una salida / Que el destino no nos tome las medidas / Hay esperanza en la deriva.

Salutiamo i nostri compagni musicali e torniamo a solcare i marciapiedi nella notte madrileña fino a La Latina e poi al Rastro. La notte ed il sonno mi inghiottono in breve, nuovo cittadino di una nuova città.

Nessun commento: