mercoledì 8 marzo 2006

Minimal

L’architettura si occupa dello spazio, però di quella parte dello spazio caratterizzata dalla presenza umana. Per quanto siano “spazi”, ossia realtà con 3 dimensioni, non sono campi dell’architettura lo spazio siderale né la profondità della terra. Almeno finchè non si decide che essi dovranno accogliere l’uomo.
Come diceva un mio vecchio professore, l’architettura è caratterizzata da uno spazio vuoto interno percorribile; sperimentabile direi ora. E questo aggettivo fa la differenza tra l’astrazione fisica dello spazio e la realtà umana nella quale opera l’architettura.
Per questo le architetture minimaliste cadono al confine tra architettura e scultura, tra luoghi costruiti per l’uomo e l’astrazione mentale di spazi composti cartesianamente.
Il passaggio del tempo, della vita, su quello che nel minimalismo diventa un vero e proprio “oggetto” architettonico, segna il degrado dell’oggetto stesso, perché la perfezione che lo informava ne è stata attaccata. Sono spazi che richiedono ordine, pulizia, biancore, e in ultima analisi, l’assenza dell’uomo. Perché in tante foto di progetti minimalisti gli spazi compaiono vuoti? Proprio perché la presenza di un essere umano altera la composizione astratta e teorica di questi spazi. Ossia: sono concepiti per essere rappresentati, fotografati, renderizzati, immaginati, ma una famiglia, un gruppo di amici si sentirebbero a disagio ad utilizzare di questo luogo.
La produzione di questi progetti può essere legittimata dall’essere esercizi compositivi, ma la loro realizzazione è dovuta a una miopia nel riconoscere gli obiettivi veri dell’architettura. È come se si pretendesse di far capire a un alieno che cosa è l’uomo mostrandogli la rappresentazione vitruviana. Anatomicamente e proporzionalmente perfetta, ma carente della peculiarità più importante: la vita, e tutte le eccezioni ed eccezionalità che l’imprevedibilità della vita portano con sé.
Una creazione spaziale che tema la presenza dell’uomo non può dirsi veramente architettura, in quanto l’architettura nasce appunto come espressione di un luogo per l’uomo.

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