venerdì 27 agosto 2010

dia 0: taxi driver


La piazzola di fronte all’aeroporto è deserta. Gli altri passeggeri stanno tutti salendo sull’ultimo aerobus che li aspettava per portarli a Barcellona. Il nostro, a quanto pare, non è stato altrettanto clemente. Il prossimo parte tra 4 ore, alle 5 del mattino. Provo a proporre un accampamento istantaneo nel piazzale, in attesa del primo bus, ma la proposta viene rifiutata.

Due ragazzi, le uniche altre sagome all’esterno dell’aerostazione, stanno fumando davanti all’ingresso, evidentemente indecisi anche loro sul da farsi. Ci avviciniamo e domandiamo dove vadano e se vogliono dividere con noi il prezzo del taxi. Il ragazzo ci guarda con occhio di scusa e risponde che parla solo catalano. Allora si fa avanti la ragazza e dice che la loro meta è Figueres, ma che volendo possiamo chiedere di fare una deviazione su Girona. In quel momento si materializza alla fine della strada un taxi che ci si ferma davanti. Dopo un rapido scambio di battute in catalano piazziamo i bagagli in macchina e partiamo.

L’auto sfreccia nella notte, si infila nelle strade del centro e ci lascia in Plaça de Catalunya, una piazza a ponte sulle acque del Ter. Paghiamo più del dovuto ed infiliamo finalmente la porta dell’ostello. Considerato che il check-in chiudeva alle ore 23.00 e sono le 2.00 il ragazzo dietro il bancone non fa una piega, snocciola in uno spagnolo stentato le poche norme del luogo e poi ci porge in inglese le lenzuola per la notte.

La porta del terzo piano si apre su un corridoio colorato popolato di fantasie in bianco e nero che dormono sulle pareti. Appoggiamo gli zaini cercando di non svegliare i nostri compagni di stanza ma non riusciamo a trattenere un moto di disgusto quando vediamo il bagno: davanti a noi si erge un altare in pietra, ricavato in una profonda nicchia nel muro decorata con motivi geometrici dorati. Sul piano dell’altare è stato intagliato un bacino dal quale emerge il rubinetto del lavandino. Ci giriamo schifati e ci fiondiamo a dormire.

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