Lo vedo e
non posso fare a meno di guardarlo. Un ragazzino sui dodici anni, il fisico
atletico di chi è nel pieno della crescita, nel fiore degli anni. Una maglia
buttata addosso con noncuranza ed un paio di pantaloni corti. Scarponi ai
piedi. La pelle nera come il carbone. Risale
la collina, bastone in mano, battendolo qua e là sull'erba.
Poco più
sotto una bimba di neppure dieci anni, con un vestitino di altri tempi, risale
allo stesso modo il pendio, roteando il bastone. I due tracciano un disegno
invisibile sull'erba e, senza toccarle, sospingono le mucche verso la stalla.
I miei
compari continuano a parlare, ignari dell'immagine che mi ha rapito. Affondano i
denti , sorseggiano il vino. Si godono l'aria fresca che tira su questa
terrazza naturale, spalle alla malga e fronte alla montagna.
Ed io
continuo a perdermi in questa immagine lenta, di un bambino nato nel cuore
dell'Africa e finito a fare il pastore quassù, sulle Dolomiti friulane.
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