L'aria dell'alba
è frizzante, fresca dopo l'acquazzone estivo. Zaino calcato sulle spalle,
passo saldo, mi avvio verso il lungo viaggio di oggi. Il profumo e le
sensazioni tradiscono il passaggio degli anni e mi riportano alle mattine
passate sul Cammino, ad infilare un passo dietro l'altro, a riempire gli occhi
di pezzi di mondo.
È bastato un
violento scroscio d'acqua notturno per paralizzare la stazione di Verona e
farmi perdere la coincidenza. Mi dirigo allora verso il centro ad approfittare
dell'imprevisto. L'Arena stira le sue rughe nell'aria opaca, il Castelvecchio
continua a presidiare le acque dell'Adige, un tavolino in metallo accoglie il
mio libro, all'ombra di un ampio platano.
Abbandono lo
zaino sul parquet e mi affaccio, appoggiandomi al parapetto proto-liberty. Sotto
di me, oltre i platani, il Rodano scorre mansueto sancendo il confine dei
quartieri vecchi. Edifici maestosi, campanili a svettare sulla collina, la
sagoma obesa dell'Opera ed un'aria da grande città.
La Croix-Rousse
si lascia risalire, una lunga scalinata come un ombelico che la lega al fiume
cui deve il suo passato industriale. Sulla cima, dal ristorante maghrebino, la
città è uno spettacolo di lucciole artificiali, solcate dal fiume, movimentate
dai rilievi. Una piccola Tour Eiffel scintilla sulla destra, proprio di fronte
alla cattedrale.
Si salutano
gli idiomi, si baciano guance sconosciute, si sfoggia tutti lo stesso sorriso. La
famiglia di Alicia ci ospita e ci rappresenta: genitori originari del nord
della Spagna trapiantati nel cuore della Francia, figlie splendide e
perfettamente bilingui che tornano a rinsaldare il loro legame con entrambi i
Paesi. Maria, granadina residente a Parigi, e Pierre-Maxim, tornato in patria dopo lunghi
anni di permanenza in Sudamerica. Melanie e Charlie, a rispolverare esperienze
estere ispaniche ed anglosassoni. Gaelle, che porta orgogliosa l'accento
gallego misto ad un francese senza sbavature, reduce da Tahiti, dalla Guiana,
pronta a trasferirsi in Estremo Oriente.
Si schiudono
abbracci, si sciolgono parole di cui ci si potrebbe vergognare in altre
occasioni. Si sigilla nuovamente la grandezza di quel che è stato. Si lascia
agli sguardi ciò che le parole non sanno mai dire.