domenica 17 agosto 2008

attese




Non pensavo che sarebbe potuto succedere. Almeno non a me.
Pensavo che gli anni passati avessero reso sufficientemente dura la mia corteccia, e che le tempeste non potessero più minacciare il mio solido tronco.
Pensavo che un leggero strato di cinismo e una spolverata di cazzi miei (scusate l’espressione) mi tenessero al riparo da cataclismi morali e disequilibri esistenziali.
Beh. A quanto pare, come al solito, non ci ho preso.
Immagino che tutti conoscano il logorio dell’attesa. Quell’inedia che pervade le ore morte, ci fa languire nel letto, gli occhi che non aspettano altro che il ritorno di un’altra notte. Il telefono che non squilla e il postino che non arriva mai. I lunghi istanti passati a guardare il vuoto, a sentire il vuoto. A respirare la nostalgia.
Eppure mi domando: come ci si può ridurre così, per una storia che era evidente in anticipo che non avrebbe portato a nulla? È indiscutibile che la condivisione sia la base per un’esperienza potente, ma può bastare per soppiantare quell’irrazionale che corre sotto pelle e che ci fa vibrare senza motivo? Può l’esigenza animale di condivisione rimpiazzare quella umana di amore?

E intanto aspetto qui. A questa fermata che hanno soppresso da chissà quanto..

3 commenti:

isterika ha detto...

Ciao amélie,
sono cose delicate queste, nelle quali è difficile mettere bocca anche perchè le parole non possono bastare, una volta tanto trovo debbano lasciare spazio al silenzio. Ci vuole tempo per rimarginare e far finta che non sia così non ti eviterà di dover lasciare che passi tutto.
Alle fermate soppresse ci ho passato gli anni, per i più vari motivi, le conosco tutte pertanto, qual è la tua che passo a trovarti, così beviamo un bicchiere e aspettiamo il mattino, si sta ancora bene fuori, tanto vale approfittarne.

Amélie ha detto...

già.
in questi casi l'unica soluzione è camminare. incominciare a camminare e ricominciare a trovare il gusto di quel che c'è intorno.
o magari trovarsi inaspettatamente qualcuno che ci fa compagnia, magari con un bicchiere di vino.

grazie della compagnia.
a volte ci sono piccoli gesti che per noi non significano nulla, ma per chi sta male sono estremamente confortanti.

agne ha detto...

sono tornata. e ho dimenticato di farti compagnia. hai perfettamente ragione.