sabato 21 febbraio 2009

muoiono


Li guardo in faccia sorridere. Ognuno con la sua vita nascosta trai lineamenti, nei suoi scherzi e nei suoi silenzi.
Poi, d’improvviso, cade il velo e quel che vedo mi gela il sangue. È sempre improvvisa una rivelazione.
Dai loro corpi si sfaldano i merletti della comicità, il trucco della socievolezza, le luci della compagnia. Li vedo lì, scheletri timorati, muoversi come marionette all’interno della trama di una vita senza scampo, dove il brivido del nuovo è un rantolo autoindotto. Si spostano sulla scena, squallidi copioni di macchiette già viste e mille volte raccontate in questi mille anni di letteratura. Sono anguille, vermi acquatici che cercano di divincolarsi dalle maglie strette della quotidianità. Sono batteri che hanno imparato ad assorbire dall’ambiente, trasformando una palude in casa. Sono il grido silenzioso e morente delle speranze odierne, dei desideri giovanili e dei sogni di bambini.
Lo guardo ancora più a fondo, questo spettacolo imbandito per me trai tavoli di una pizzeria. E riesco a dare un titolo alla comica tragedia. Normalità.

Qualcuno una volta disse che gli uomini vivono e non sono felici. Ma che questa è una condizione alla quale si adattano benissimo.

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