Sopra il cielo è scomparso, sostituito da una massa incolore di nuvole. Mentre misuro coi passi il tempo della pausa pranzo, penso ai vari oggetti che mi serviranno per rendere confortevole la mia nuova camera, per trasformare quel guscio di muri in qualcosa che mi faccia sentire a casa. Ed è lì, mentre ripasso mentalmente quel che mi serve, che il pensiero devia su un binario laterale portandomi via con sé.
Ecco qual è il vantaggio della nomadìa, dell’attitudine a migrare. Ecco perché fatichiamo così tanto a mettere radici profonde nei vari ripari che chiamiamo casa.
Sapere di poter prendere la nostra vita e spostarla, alzarla dalle fondamenta e trasferirla altrove, ci permette un inconscio pensiero, un sorriso quando fuori c’è la tempesta. Sì, perché quello che sta sotto la lingua dei nostri pensieri inespressi è proprio questa ultima speranza di poter avere un’alternativa se la nostra vita non ci piace. Quando il lavoro non ci soddisfa, l’umanità ci annoia, il clima ci abbatte. Quando tutto sembra cospirare per la nostra infelicità sappiamo che ci basta respirare una scintilla di bellezza inaspettata per avere il coraggio di andarcene, fare le valigie e ricominciare tutto, ancora una volta.
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