venerdì 24 dicembre 2010

palazzo gnudi


Si muovono sinuosi. Si spostano senza peso con gesti lenti e avvolgenti, poi rapidi e sincopati. Le gambe di lei svolazzano tra quelle di lui disegnando costellazioni nell’aria. I corpi si sfiorano, quasi mai toccandosi realmente. Intorno a loro altri corpi sono pervasi dalla stessa carica sensuale, posseduti dall’energia della notte. Scorrono leggeri su gesti sublimi. Un formicolare di corpi, ogni coppia è un microcosmo, un disegno preciso tracciato da piedi e gambe, un ricamo evanescente sul pavimento. Eppure ognuna di esse è la voce di un coro muto.
È un guscio di lusso antico quello che li circonda. Un salone dalle pareti ricche di luci e ombre. Grandi specchi, paraste con putti paffuti, cornici dorate, volute, panche rivestite di eleganti stoffe. Due lampadari di cristallo scendono dalla volta affrescata.
In questo momento nulla esiste al di fuori di qui. Il mondo ha smesso di esistere, vaporizzato all’istante, addormentato in un lungo respiro. Fuori dalle finestre piove, ma non lo fa realmente. È come un’interferenza su una pellicola messa in pausa, un rumore rosa che copre tutto. Questa è la torre d’avorio e fuori non c’è più nulla.
Finchè non finirà. E allora i volti torneranno ad essere quelli di sempre, i corpi si nasconderanno dentro giacche e cappotti, gli occhi torneranno razionali, le parole gusci vuoti. Lasceranno vuota la sala, talamo stropicciato e sudato, per tornare ognuno dentro la propria vita.
Chiameranno ciò che li attende fuori Bologna.
E ciò che è successo tango.

3 commenti:

Lo ha detto...

Ecco perché mi sembrava familiare.

Amélie ha detto...

benvenuta lo
familiare perchè si chiamava tango o perchè si chiamava gnudi?

Lo ha detto...

Perché si chiamava tango.