giovedì 5 marzo 2009

a piedi nudi nel mondo


Improvvisamente, mentre leggo Murakami, mi rendo conto che quella che è sempre stata una mia mania, un delirio incosciente dei momenti di vuoto, si rivela essere uno strumento di conoscenza più profondo del previsto. Ne avevo il presentimento, però mai era stato così lucido.
Il mio vagare per le varie città, camminando da solo, è stato un modo per “conoscere”. Baricco diceva che i suoi personaggi misuravano il mondo col compasso preciso dei loro passi, e anch’io mi sono spesso sentito così. Macinare strade e selciati al di sotto delle suole è un’esperienza di una semplicità e radicalità estrema. Il cervello come una spugna pronto a recepire i segnali che il mondo comunica. A farsi trascinare dagli odori per i vicoli, dalle luci, dai colori, dalla vegetazione, dai suoni. È il modo in cui l’animale metropolitano riscopre che il mondo può essere interpretato secondo segnali che non sono necessariamente quelli convenzionali ed espliciti, le insegne e le indicazioni. L’istinto sopito interpreta e prefigura scenari. Torniamo ad essere predatori urbani, riconoscendo in piccoli dettagli la possibile presenza di realtà nascoste e insperate.
È come se i piedi, con il loro fagocitare traiettorie, conoscessero senza aver bisogno di una risposta cosciente del cervello. È una risposta animale, quella che registriamo. Quella che la logicità della civiltà, che sostituisce il mondo con la sua spiegazione, ci ha atrofizzato. Quella che i lettori mp3 rendono sorda. Che i cartelli rendono cieca. Che i fast food annichiliscono e i mezzi di trasporto rendono una melma indistinta costituita di costellazioni di interesse collettivo e riconosciuto.
E forse Christiania in questo ha avuto il suo ruolo fondamentale.

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