A volte i pensieri si inceppano. Una sorta di indigestione mentale. Si raggrumano, contorcono, annodano. Si creano dei boli di incomprensione dietro la retina. E non ci sono parole che riescano ad esprimerli, non ci sono razionali spiegazioni che ci possano venire in aiuto.
Allora, a volte, è il corpo a parlare direttamente. Quando la lingua è inutile e il cervello resta stupido di fronte alla vita, allora, forse, la pelle può esprimere quel disagio che non ha logica. Lo scempio che facciamo di noi stessi, del nostro tempio, è questo che vuole affermare: il bisogno di cicatrizzare un dolore sulla pelle, di dare consistenza fisica a un grumo nero di incomprensibilità che ha sede solo dentro di noi.
Curiamo l’indigestione espellendo ciò che non è stato assimilato, vomitiamo angoscia e ne vogliamo portare i segni su di noi.
Allora, a volte, è il corpo a parlare direttamente. Quando la lingua è inutile e il cervello resta stupido di fronte alla vita, allora, forse, la pelle può esprimere quel disagio che non ha logica. Lo scempio che facciamo di noi stessi, del nostro tempio, è questo che vuole affermare: il bisogno di cicatrizzare un dolore sulla pelle, di dare consistenza fisica a un grumo nero di incomprensibilità che ha sede solo dentro di noi.
Curiamo l’indigestione espellendo ciò che non è stato assimilato, vomitiamo angoscia e ne vogliamo portare i segni su di noi.
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