martedì 4 dicembre 2012

chana



È senza preavviso che si ripresenta alla memoria.
La visione nitida della gamba di una delle sedie, metallica, un cilindro riflettente nella luce della sera. Poi, pian piano, come un foglio che si bagna e lascia trasparire in filigrana quel che nasconde, ricompaiono i dettagli. Gli edifici intorno, il grande e disordinato piazzale, il retro della periferia al confine col nulla, a due passi dalla ferrovia. Un cartello campeggia alto, sopra il tendone del bar: Cruzcampo. L'aria fresca, le tapas, una spensieratezza irrecuperabile, la fame di mangiarsi il destino. E la Sierra sopra a tutto.

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