Dopo aver
accompagnato Jenny in aeroporto (e dopo aver perso le chiavi della macchina,
aver messo a soqquadro l'ostello, gli zaini, averle chiamato un taxi, aver
dimenticato di ritirare i soldi per pagare il parcheggio) ci dirigiamo verso
un paesino dove la signora inglese dell'ostello ci ha convinto a fermarci. A metà strada tra
Sarajevo e Mostar, Konjic ospita il colossale bunker di Tito. Terminato
alla fine degli anni '70 dopo quasi trent'anni di lavori, è costituito da oltre
600 mq di gallerie scavate 300 m in profondità nella montagna e poteva ospitare
350 persone per diversi mesi. Il costo esorbitante dell'opera, oltre 5 bilioni
di dollari, doveva garantire la sopravvivenza del dittatore e della classe
dirigente contro esplosioni ben più potenti rispetto a quella di Hiroshima.
Arrivati in
paese decidiamo di concederci una colazione come si deve, divorati dai succhi
gastrici attivati dall'alcol della sera prima. Lungo il fiume troviamo un bar
al primo piano di un brutto edificio da periferia dove sono riuniti dozzine di
giovani che, a giudicare dalle pagelle lasciate sui tavoli, stanno frequentando
i corsi di recupero. Da bravi stranieri ordiniamo come seconda colazione pizza
e tè. Di fianco a noi sta il ponte di Konjic, vecchia opera a dorso d'asino in
pietra, completamente restaurato. Sull'altra sponda si intravede svettare
qualche minareto, sebbene man mano che ci avviciniamo a Lourdes questi si
facciano sempre meno presenti.
Terminato il
nostro brunch ci rechiamo all'ufficio turistico per comprare il biglietto del bus che ci
porterà all'Atomska Ratna Komanda (ARK), il famoso bunker. Peccato che l'unico bus
della settimana sia partito venti minuti fa e noi, che pregustavamo la visita
già da questa mattina, rimaniamo come degli allocchi a fissare la ragazza che
ci dice che non possiamo raggiungerlo neppure in auto, in quanto il luogo è
segreto. Allibiti per l'idiozia del nostro brunch, riprendiamo la macchina e
puntiamo verso Mostar.
Le colline
si fan montagne boscose e si aprono per lasciare spazio al lago di Jablaničko, sorta di
gigantesca alga d'acqua che penetra negli anfratti e nelle gole della terra. Un
ponte strallato ne congiunge i lembi mentre al largo, inspiegabile come una
visione, una zattera con una copertura simile ad un tetto, vaga verso
l'orizzonte confermandoci che forse, questi luoghi, hanno qualche forma di
remota parentela con l'Estremo Oriente.
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