martedì 5 novembre 2013

perdersi - giorno 5



Perdersi. Perdersi e seguire i sensi. Non già per ritrovare la strada, per tornare là dove sappiamo dove ci troviamo, ma per continuare a perdersi con maggior intensità, con maggior trasporto, dentro al meraviglioso sconosciuto. Assaporare il nascere dell'inaspettato, la gioia della scoperta senza preavvisi, la sorpresa dei lati nascosti della realtà. Riempirsi le narici di nuovi profumi, tracciarne gli aromi, denudare la piccola magnificenza delle periferie, le opere del tempo, artigiano instancabile, sulla natura, sugli uomini, sulle loro case, sui loro sogni. Osservare il quotidiano altrui, renderlo scena del nostro personale teatro, tramutarlo in romanzo universale, scoprire attraverso i suoi occhi l'essenza delle cose, il barlume di un senso e di una speranza.
Riempirsi. Gonfiarsi come una spugna assorbendo l'atmosfera, sorridendo il paesaggio, gli occhi straripanti del tutto che ci circonda. Le orecchie sorde a furia di ascoltare senza gerarchie. La mente finalmente placata, tornando a collocare la nostra esistenza al suo posto, microscopica sedia nel banchetto universale.

E allora la periferia collinare, il passato che riemerge in moschee di legno quasi fossero baite, villini di crema misti di oriente e occidente, le alte torri di vetro, le rose dei proiettili che solcano i marciapiedi, gli intonaci, i ricordi. Il fiume e la povera esistenza di chi sopravvive a lato dei benestanti, qualche passo più in là. I cimiteri islamici che si rosolano sulle pendici guardando in faccia il sole morente, il baluardo nordest come osservatorio al tramonto. Tutto è conforto inaspettato e profondo.

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