sabato 16 novembre 2013

mostar - giorno 6



L'ingresso a Mostar mi ricorda quello ad un paesotto campano nel secondo dopoguerra. Uomini vestiti coi loro stracci migliori sono appostati agli incroci strategici pronti a fiondarsi sulle macchine dalla targa straniera per offrirsi come guide, procacciatori di alloggi, di cibo, di curiosità. Ci divincoliamo dal nostro nuovo grande amico e circumnavighiamo la città vecchia. Attraversiamo il fiume, a sud del ponte vecchio, e ci infiliamo in una piccola via che punta verso la collina. Qui troviamo una signora che affitta una camera da otto persone. Fortunatamente ha ancora posto per noi tre.
Quando entriamo ci dice che è contenta che siamo italiani, che gli italiani sono stati i primi a mandare loro aiuti e cibo dopo la guerra civile. È per questo, continua, che ha imparato un po' della nostra lingua e, per dimostrarci la sua gratitudine ci porta in camera delle bibite fresche e, ci assicura, la mattina successiva ci preparerà appositamente la colazione. Commossi e un po' intimoriti da questo improvviso ed opportunistico senso patrio, ci gettiamo sui soffici letti della stanza seminterrata.
Lo Stari Most di Mostar è un bel ponte a schiena d'asino che congiunge le due parti della città separate dalla profonda faglia del fiume Narenta. Ricostruito da pochi anni con il contributo dell'Unesco, ora ospita ragazzini minorenni che si lanciano dalla sommità nelle fredde acque del fiume (un volo di oltre 24 metri) per pochi spicci offerti dai turisti che si affrettano a stringere loro le mani e ad immortalarli in questi suicidi controllati.
Tu non hai ancora perso le speranze di tuffarti nonostante quello che ti hanno raccontato in camera. Per lanciarsi, infatti, bisogna fare un corso (a pagamento) di una giornata provando vari tuffi da altezze inferiori (10 metri) per fare pratica. Precauzioni molto severe, a quanto pare, ma a volte neppure questo è sufficiente. La settimana scorsa due ragazzi australiani sono stati portati al pronto soccorso con lesioni alla schiena e alle gambe per aver effettuato un ingresso in acqua non preciso. Per non parlare del polacco.
- Che è successo al polacco?
- L'anno scorso un ragazzo polacco voleva tuffarsi ma non aveva intenzione di pagare il corso. Ha aspettato che passasse il tramonto, quando c'era meno gente, e si è tuffato. L'hanno recuperato 4 giorni dopo diversi chilometri più a valle.

Il paese gravita attorno alla bellezza ardita del ponte, acceso dalla luce del tramonto, e circondato da negozietti e bar assolutamente turistici dove non vi sono problemi a pagare in euro. Nathan si aggira in cerca di una maglia souvenir (perchè le altre sono tutte sporche) e se ne esce con una che, al posto della scritta Coca-Cola, riporta Ćevapčići.

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