L'ingresso a
Mostar mi ricorda quello ad un paesotto campano nel secondo dopoguerra. Uomini
vestiti coi loro stracci migliori sono appostati agli incroci strategici pronti
a fiondarsi sulle macchine dalla targa straniera per offrirsi come guide,
procacciatori di alloggi, di cibo, di curiosità. Ci divincoliamo dal nostro
nuovo grande amico e circumnavighiamo la città vecchia. Attraversiamo il fiume,
a sud del ponte vecchio, e ci infiliamo
in una piccola via che punta verso la collina. Qui troviamo una signora che
affitta una camera da otto persone. Fortunatamente ha ancora posto per noi tre.
Quando
entriamo ci dice che è contenta che siamo italiani, che gli italiani sono stati
i primi a mandare loro aiuti e cibo dopo la guerra civile. È per questo,
continua, che ha imparato un po' della nostra lingua e, per dimostrarci la sua
gratitudine ci porta in camera delle bibite fresche e, ci assicura, la mattina
successiva ci preparerà appositamente la colazione. Commossi e un po'
intimoriti da questo improvviso ed opportunistico senso patrio, ci gettiamo sui
soffici letti della stanza seminterrata.
Lo Stari
Most di Mostar è un bel ponte a schiena d'asino che congiunge le due parti
della città separate dalla profonda faglia del fiume Narenta. Ricostruito da
pochi anni con il contributo dell'Unesco, ora ospita ragazzini minorenni che si
lanciano dalla sommità nelle fredde acque del fiume (un volo di oltre 24 metri)
per pochi spicci offerti dai turisti che si affrettano a stringere loro le mani
e ad immortalarli in questi suicidi controllati.
Tu non hai
ancora perso le speranze di tuffarti nonostante quello che ti hanno raccontato
in camera. Per lanciarsi, infatti, bisogna fare un corso (a pagamento) di una
giornata provando vari tuffi da altezze inferiori (10 metri) per fare pratica.
Precauzioni molto severe, a quanto pare, ma a volte neppure questo è
sufficiente. La settimana scorsa due ragazzi australiani sono stati portati al
pronto soccorso con lesioni alla schiena e alle gambe per aver effettuato un
ingresso in acqua non preciso. Per non parlare del polacco.
- Che è successo
al polacco?
- L'anno
scorso un ragazzo polacco voleva tuffarsi ma non aveva intenzione di pagare il
corso. Ha aspettato che passasse il tramonto, quando c'era meno gente, e si è
tuffato. L'hanno recuperato 4 giorni dopo diversi chilometri più a valle.
Il paese
gravita attorno alla bellezza ardita del ponte, acceso dalla luce del tramonto,
e circondato da negozietti e bar assolutamente turistici dove non vi sono
problemi a pagare in euro. Nathan si aggira in cerca di una maglia souvenir
(perchè le altre sono tutte sporche) e se ne esce con una che, al posto della
scritta Coca-Cola, riporta Ćevapčići.
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