Il vento se li portava sempre.
E quel vento, lì, era di casa.
C’erano notti in cui pettinava il cielo, spazzava le onde con solenne officio e rovesciava sulle spiagge bave e orrori. Risaliva il porto con impeto, imbiancando di sabbia e sale, come un’armata si addentrava nelle strade e, senza bussare, entrava nelle case. Vi entrava a porte chiuse, nelle menti dei suoi abitanti.
Il vento se li portava sempre.
Quel vento che a volte pareva sopito, dormiente in qualche porto o ammaliato al largo da qualche sirena. Sotto il sole estivo o nella nebbia invernale, anche il silenzio era un’attesa di lui, del suo profumo salmastro e della sua voce scrosciante.
E il vento sempre se li portava.
Quegli strani personaggi, retaggio di assurde maree che li abbandonavano sul bordo del mare, ereditati da nessuna nave. Apparivano quando il vento più infuriava nell’aria piena di spruzzi. Comparivano sulla soglia del bar del porto, ovvia apparizione di un giorno di tormenta.
- Ehi amico, che succede? Al cielo si son rotte le acque? – disse una voce dalla penombra alla fine del bancone.
- Fatti un nodo alla lingua, Krad – lo zittì una delle sagome sedute.
L’uomo entrò e si chiuse la porta alle spalle. Si diresse verso il bancone continuando a sgocciolare sul legno scuro del pavimento, mentre le scarpe scricchiolavano e schiumavano ad ogni passo. Appoggiò il giubbotto grondante su di un panchetto e si sedette. I capelli erano completamente bagnati e somigliavano più a delle alghe accidentalmente invischiate alla sua testa che alla capigliatura di un uomo.
– Una pinta per favore.
La barista prese uno dei grossi bicchieri che si trovavano di fronte allo specchio e cominciò a spinare. Guardò il nuovo arrivato con interesse e mentre gli porgeva il boccale decise di iniziare il suo gioco preferito. Passava così tanta gente da quel bancone che aveva sviluppato una vera e propria capacità per interpretare dagli indizi chi era il suo nuovo cliente. Non si trattava tanto di indovinarne la provenienza, quello era relativamente facile. Quanto piuttosto il motivo che l’aveva spinto ad arrivare fino a quelle coste, al paese, al bar. C’erano marinai che sbarcavano su quel bancone per noia, per riparare a una tempesta. C’erano forestieri in cerca della compagnia confortevole degli estranei o semplicemente desiderosi di ingannare il tempo con una buona dose di alcool. C’erano i perdigiorno dei villaggi dell’entroterra, che cercavano nelle storie della gente di mare un passatempo e un diversivo.
Chissà questa volta chi si trovava di fronte.
E quel vento, lì, era di casa.
C’erano notti in cui pettinava il cielo, spazzava le onde con solenne officio e rovesciava sulle spiagge bave e orrori. Risaliva il porto con impeto, imbiancando di sabbia e sale, come un’armata si addentrava nelle strade e, senza bussare, entrava nelle case. Vi entrava a porte chiuse, nelle menti dei suoi abitanti.
Il vento se li portava sempre.
Quel vento che a volte pareva sopito, dormiente in qualche porto o ammaliato al largo da qualche sirena. Sotto il sole estivo o nella nebbia invernale, anche il silenzio era un’attesa di lui, del suo profumo salmastro e della sua voce scrosciante.
E il vento sempre se li portava.
Quegli strani personaggi, retaggio di assurde maree che li abbandonavano sul bordo del mare, ereditati da nessuna nave. Apparivano quando il vento più infuriava nell’aria piena di spruzzi. Comparivano sulla soglia del bar del porto, ovvia apparizione di un giorno di tormenta.
- Ehi amico, che succede? Al cielo si son rotte le acque? – disse una voce dalla penombra alla fine del bancone.
- Fatti un nodo alla lingua, Krad – lo zittì una delle sagome sedute.
L’uomo entrò e si chiuse la porta alle spalle. Si diresse verso il bancone continuando a sgocciolare sul legno scuro del pavimento, mentre le scarpe scricchiolavano e schiumavano ad ogni passo. Appoggiò il giubbotto grondante su di un panchetto e si sedette. I capelli erano completamente bagnati e somigliavano più a delle alghe accidentalmente invischiate alla sua testa che alla capigliatura di un uomo.
– Una pinta per favore.
La barista prese uno dei grossi bicchieri che si trovavano di fronte allo specchio e cominciò a spinare. Guardò il nuovo arrivato con interesse e mentre gli porgeva il boccale decise di iniziare il suo gioco preferito. Passava così tanta gente da quel bancone che aveva sviluppato una vera e propria capacità per interpretare dagli indizi chi era il suo nuovo cliente. Non si trattava tanto di indovinarne la provenienza, quello era relativamente facile. Quanto piuttosto il motivo che l’aveva spinto ad arrivare fino a quelle coste, al paese, al bar. C’erano marinai che sbarcavano su quel bancone per noia, per riparare a una tempesta. C’erano forestieri in cerca della compagnia confortevole degli estranei o semplicemente desiderosi di ingannare il tempo con una buona dose di alcool. C’erano i perdigiorno dei villaggi dell’entroterra, che cercavano nelle storie della gente di mare un passatempo e un diversivo.
Chissà questa volta chi si trovava di fronte.
2 commenti:
forse non mi piace il titolo.
troppo mina-celentano.
e invece è proprio tutt'altro.
cazzo no!
miacelentano no!
mi toccherà cambiare titolo...
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