Le cose
migliori che ho fatto sono state, in fondo, quelle prive di senso.
Non che
fossero realmente insensate, intendiamoci. Semplicemente non rientravano nella
catena consequenziale degli eventi. Un salto nella logica della vita. La carta
Imprevisti del Monopoli.
Via,
pensateci bene. Quale sequenza logica porta un mite studente, privo di grilli
per la testa, a scegliere la futura città dove abitare in base al suono del suo
nome? Al suono. Quel rotolare di gutturale-nasale-dentale che evocava tante
immagini nella sua testa. Cosa lo porta a rifiutare una borsa di studio (vinta)
per un'altra città (dal suono peraltro niente male, ma non quello che aveva in
mente) e tornare a farne domanda l'anno successivo, con ostinata e immotivata
persistenza, ancora una volta per Granada? Quale moto dell'animo incompatibile
con il mio carattere mi ha spinto a mandarti l'sms che ci ha fatto conoscere,
quando non eri altro che un nome esotico? Così non saprei spiegarmi perchè
venni a casa tua, quel pomeriggio di domenica, senza nessun'altra intenzione
che l'aiutarti a sfangare quella gamba rotta. Non che ti avessi notato alla
festa. E allora perchè?
Nulla di assurdo in tutto ciò, solo non è logico. Non esiste un filo che
porti a dire che quella scelta era meglio di altre. Semplicemente, in quel
momento, senza pensieri, sapevo quale fosse la scelta giusta. E non sono sicuro
che si tratti di sentire, di una sensazione. Io sapevo che era quella. Nel
bivio tra A e B sapere di dover passare per i campi.
Come quando
decisi di passare un mese ospite in casa altrui, di città in città, con
l'armadio in macchina. Come avrei potuto conoscerti, diversamente?
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