martedì 12 ottobre 2010

dia 4: pontòs



Acqua. Acqua. Acqua acqua.

Pioggia battente ed incessante da ore e ore sulle nostre teste. Non abbiamo un solo lembo di corpo o di vestiti che non grondi sotto questo cielo grigio. E poi fango, strade sterrate, occhiali appannati. Tutta questa pioggia ci sta fiaccando più che nel fisico nel morale.

È da pranzo che ha cominciato a piovere. All’inizio ci siamo riparati sotto il tendone del bar di Figueres, poi dentro la cattedrale, mentre un fiume scorreva rapido per il selciato e metteva in fuga la folla in coda per il museo Dalì. È stato lì che, approfittando della sosta forzata, siamo riusciti ad ottenere le ultime 2 credenziali disponibili prima di arrivare a Girona. Ripreso il cammino, appena attraversato il quartiere industriale un diluvio si è abbattuto su di noi. Intorno non c’era un riparo. Un terrazzo, una pensilina, un albero. Niente. Quello che restava erano campi, una rotonda ed un filare di case sulla sinistra. È stato lì che, appiattiti con lo zainone alla parete della casa, insperatamente ci è stata aperta la porta di un androne e siamo stati invitati a entrare. Quattro chiacchiere con un simpatico signore, qualche indicazione per non perderci e poi via, nuovamente sotto la pioggia battente. E così dal primo pomeriggio stiamo camminando in questi campi, continuando a dubitare ogni qualvolta i segnali scompaiono per qualche tempo.

È ormai tardi e sta scendendo la sera dietro le nubi quando ci perdiamo per l’ennesima volta poco prima di entrare nel paesino che dovrebbe accogliere la nostra pensione, a Pontòs. Stremati ed inzuppati rasentiamo le pareti del paesino, tentando di capire come arrivare alla statale ed alla nostra meta. Anche perché in paese non c’è un’anima viva, né tanto meno qualche negozio aperto. Mentre sfiliamo come gatti di cellophane per la strada principale intravedo qualcosa e d’istinto mi fiondo dentro a una porta illuminata. È l’Ayuntamento, il Comune, stranamente aperto a quest’ora tarda. Ormai senza più remore appoggio lo zaino zuppo al suolo e salgo al piano di sopra. Qui mi viene incontro un funzionario e mi chiede chi cerchiamo. Gli spiego che siamo pellegrini e che vorremmo sapere se ci sono pensioni aperte in paese. Lui mi guarda di traverso e mi dice: “Non ci sono pensioni in paese”. Eppure la guida diceva che la pensione Sant’Anna … “Sì, ma quella sta molto fuori dal paese, almeno un’altra ora di cammino. E poi, in ogni caso, l’hanno chiusa qualche anno fa. Non ci trovereste niente”.

Silenzio. Il morale è finito a far compagnia ai calzetti, zuppo e sporco anche lui.

Ma tanto ormai non abbiamo niente da perdere.

“Voi non avete un posto qui in comune dove poter ospitare 2 pellegrini?”. La domanda sembra sorprendere tanto lui quanto me. “Veramente … Ma volete dormire qui?” “Guardi, non ci sono altri paesi per almeno altre 2 ore di cammino e siamo senza tetto né cibo. Se ci poteste dare un posto dove non piova…”

È così che, dopo una mezz’ora, veniamo portati in una casa-colonia. Qui un certo numero di famiglie non proprio benestanti portano i figli a passare l’estate. Accettiamo al volo il prezzo che ci propongono per la sestupla a castello, i bagni in comune, la cena e la colazione.

Dopo aver fatto una bella doccia bollente e aver messo in lavatrice calzetti e magliette, scendiamo a cenare nel grande salone dove ci aspetta una cena degna di un re. E mentre addentiamo la carne esausti e felici come non mai, dalle finestre penetra una strana luce arancione. Un tramonto sereno all’orizzonte che preannuncia una notte altrettanto serena e al caldo.

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