Ancora una volta persi. È da 3 ore che vaghiamo nell’assolata terra della provincia di Girona in cerca di un segnale ufficiale del cammino, di un cartello. E invece non riusciamo a far altro che rimbalzare da un paese all’altro, approssimativamente vicini al percorso ufficiale.
Finchè non arriviamo all’ennesimo cantiere dell’alta velocità. Un grande viadotto appiana la depressione fra due colline con una linea netta e precisa di cemento armato.
E allora non può non tornarmi alla memoria “Il sentiero degli Dei”. Ancora una volta le grandi opere cancellano i piccoli sentieri, il cemento disperde i viandanti, una velocità impensabile azzera la naturalezza di un passo che ha il ritmo del respiro ed il tempo del pensiero. E ciò che resta, traccia glabra sulle curve naturali, è una lingua disboscata di terra che le piogge han trasformato in un pantano inattraversabile.
Mentre intorno cresce lo sconforto per la rotta persa, per il caldo cocente e le ore di cammino che prevedibilmente ci porteranno in città disfatti a tarda sera, dentro cresce un senso ancora maggiore di disfatta. Quella di chi si sente privare di bellezze naturali, di un patrimonio collettivo vivo, in nome del progresso.
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