Sara si fermò un attimo. Lunghi brividi le correvano per la schiena e le mani le formicolavano d’emozione. Sentiva quello che stava raccontando, lo poteva vedere. Era il mare che infuriava e che cullava il peschereccio. Era la tempesta che aspettava il sangue per sprigionarsi. Era Tierry che chiudeva gli occhi per la paura e trovava finalmente il senso di quello che sua mamma chiamava pregare. Era l’ombra che usciva nella notte.
Spostò il suo sguardo dall’orizzonte al suo pubblico. Brandàn, Krad e Abner stavano seduti sui loro panchetti ad ascoltarla con la bocca aperta, come grossi pesci trascinati in secca e in attesa del loro destino. I loro occhi erano fissi su di lei, pieni di desiderio. Evitava sempre di porsi la domanda se era lei che desideravano, in quei momenti, o la fine della storia. Prese fiato e proseguì.
- Bris non accennava a reagire. Farrel stava per sferrargli un colpo alla testa quando qualcuno incominciò a parlare, qualcuno di cui non riconosceva la voce. “Ti sbagli. Non è stata colpa loro”. Farrel si fermò, con il braccio alto nella tempesta. Pensava che fossero soli sulla nave e invece qualcuno li aveva seguiti. Questo complicava le cose. Cercò di capire chi fosse ma né il tono duro delle sue parole, né i lineamenti nascosti nel buio della notte lo potevano aiutare. Portava una lunga veste nera che la pioggia aveva bagnato ad arte. Fu allora che comprese. Sbiancò in viso e il tubo gli cadde dalle mani rotolando lontano. Sotto quel velo di lutto si celava un corpo che lasciava ancora intuire quella potenza che gli anni e la malattia tentavano di portarsi via. Nnersi gli si fermò di fronte e riprese a parlare: “Sì, Farrel. Questa è la mia voce. Parlo la tua lingua. Sono malata e sto morendo. E sì, il mio errore ci ha condannati tutti questi anni, e continuerà a farlo finché non saremo tutti sul fondo del mare. Come vedi ci sono molte cose che non sai di me, che non ti sei mai sforzato di capire”. Con il braccio ancora alzato il pescatore non riusciva a credere alle sue orecchie. Una rabbia incontenibile cominciò a crescere in lui. La coscienza di aver vissuto per anni accanto a un’estranea. Di aver dedicato a suo modo la vita ad una persona che non era con lui che desiderava invecchiare. “Non saresti dovuta venire …” le disse Bris dolcemente, mentre con una mano tentava di tamponare il sangue che gli usciva da un orecchio. “Fu un errore. L’errore più grosso della mia vita” proseguì la donna rivolta al falegname. “Mi lasciai conquistare dalla tua dolcezza quella notte, ma non riuscii a dire di no a quell’uomo che mi prometteva una vita prospera, quell’uomo a cui col silenzio avevo legato la mia vita. Non sai quanto mi sono pentita in tutti questi anni di non aver mai saputo scegliere. Di non aver mai avuto il coraggio di vivere la mia vita o abbandonarla per ricominciarla con chi realmente sentivo che mi amava. Il dubbio mi mordeva per dentro. Per anni pensai che non scegliendo di fatto avevo scelto una vita di rimorsi. Quello che durò una sola notte con te, Bris, mi tormentò per anni come un peccato da espiare. Ma la solitudine e il silenzio non erano abbastanza. Fortunatamente poco dopo scoprii che non erano solo il dubbio e il pentimento a mordermi per dentro. Ma il frutto del peccato”. Nnersi si toccò il ventre, come ricordando. Ancora accasciato per terra il falegname sgranò gli occhi per lo stupore e balbettò: “Oh mio Dio, Nnersi … tu …” “Sì. Non mi lasciasti dentro solo la tua malattia, ma qualcosa che cresceva molto più in fretta” “Non è possibile!” scoppiò Farrel fuori di sé. “Me ne sarei accorto! Non si può nascondere una gravidanza!” “Era la stagione della pesca. Tu rimanesti per mesi in alto mare ed io non uscii mai di casa. Nessuno aveva mai parlato con me in paese e questo mi aiutò a scomparire. Per tutti quei mesi vissi di quello che produceva il nostro orto. Quando poi giunse la notizia che in qualche settimana saresti ritornato il bambino era già all’ottavo mese. Non so se lo capì o se le mie paure lo spinsero ad uscire, ma nacque precoce, all’improvviso. E così ci salvò ad entrambi. Quella stessa notte lo portai fino alla porta del convento dei frati; al tuo ritorno ero sola e chiamasti il dottore perché curasse quella che pensavi essere febbre. Ovviamente quando mi visitò capì che avevo appena partorito. Non fece domande, pensando probabilmente che volessimo tenere segreto un aborto. Nel frattempo incominciarono a manifestarsi anche i sintomi della malattia. Il dottor Ertmo non poteva credere a quel che il mio corpo gli diceva e diagnosticò malattie che non avevo. Senza le dovute cure il male avanzò velocemente. Poi, qualche tempo fa, tuo fratello parlò con lui e gli spiegò tutto. Ma era già troppo tardi.” Farrel era senza parole. Le sue pupille dilatate erano un covo d’ira e la rabbia gli stava esplodendo dentro, ma non riusciva a dire una sola parola. In un istante tutto il suo mondo era crollato al suolo. Come quella pioggia che tanto aveva atteso in cielo e finalmente si rovesciava a terra devastando tutto. Come questa pioggia che da allora non ci lascia tregua.
Spostò il suo sguardo dall’orizzonte al suo pubblico. Brandàn, Krad e Abner stavano seduti sui loro panchetti ad ascoltarla con la bocca aperta, come grossi pesci trascinati in secca e in attesa del loro destino. I loro occhi erano fissi su di lei, pieni di desiderio. Evitava sempre di porsi la domanda se era lei che desideravano, in quei momenti, o la fine della storia. Prese fiato e proseguì.
- Bris non accennava a reagire. Farrel stava per sferrargli un colpo alla testa quando qualcuno incominciò a parlare, qualcuno di cui non riconosceva la voce. “Ti sbagli. Non è stata colpa loro”. Farrel si fermò, con il braccio alto nella tempesta. Pensava che fossero soli sulla nave e invece qualcuno li aveva seguiti. Questo complicava le cose. Cercò di capire chi fosse ma né il tono duro delle sue parole, né i lineamenti nascosti nel buio della notte lo potevano aiutare. Portava una lunga veste nera che la pioggia aveva bagnato ad arte. Fu allora che comprese. Sbiancò in viso e il tubo gli cadde dalle mani rotolando lontano. Sotto quel velo di lutto si celava un corpo che lasciava ancora intuire quella potenza che gli anni e la malattia tentavano di portarsi via. Nnersi gli si fermò di fronte e riprese a parlare: “Sì, Farrel. Questa è la mia voce. Parlo la tua lingua. Sono malata e sto morendo. E sì, il mio errore ci ha condannati tutti questi anni, e continuerà a farlo finché non saremo tutti sul fondo del mare. Come vedi ci sono molte cose che non sai di me, che non ti sei mai sforzato di capire”. Con il braccio ancora alzato il pescatore non riusciva a credere alle sue orecchie. Una rabbia incontenibile cominciò a crescere in lui. La coscienza di aver vissuto per anni accanto a un’estranea. Di aver dedicato a suo modo la vita ad una persona che non era con lui che desiderava invecchiare. “Non saresti dovuta venire …” le disse Bris dolcemente, mentre con una mano tentava di tamponare il sangue che gli usciva da un orecchio. “Fu un errore. L’errore più grosso della mia vita” proseguì la donna rivolta al falegname. “Mi lasciai conquistare dalla tua dolcezza quella notte, ma non riuscii a dire di no a quell’uomo che mi prometteva una vita prospera, quell’uomo a cui col silenzio avevo legato la mia vita. Non sai quanto mi sono pentita in tutti questi anni di non aver mai saputo scegliere. Di non aver mai avuto il coraggio di vivere la mia vita o abbandonarla per ricominciarla con chi realmente sentivo che mi amava. Il dubbio mi mordeva per dentro. Per anni pensai che non scegliendo di fatto avevo scelto una vita di rimorsi. Quello che durò una sola notte con te, Bris, mi tormentò per anni come un peccato da espiare. Ma la solitudine e il silenzio non erano abbastanza. Fortunatamente poco dopo scoprii che non erano solo il dubbio e il pentimento a mordermi per dentro. Ma il frutto del peccato”. Nnersi si toccò il ventre, come ricordando. Ancora accasciato per terra il falegname sgranò gli occhi per lo stupore e balbettò: “Oh mio Dio, Nnersi … tu …” “Sì. Non mi lasciasti dentro solo la tua malattia, ma qualcosa che cresceva molto più in fretta” “Non è possibile!” scoppiò Farrel fuori di sé. “Me ne sarei accorto! Non si può nascondere una gravidanza!” “Era la stagione della pesca. Tu rimanesti per mesi in alto mare ed io non uscii mai di casa. Nessuno aveva mai parlato con me in paese e questo mi aiutò a scomparire. Per tutti quei mesi vissi di quello che produceva il nostro orto. Quando poi giunse la notizia che in qualche settimana saresti ritornato il bambino era già all’ottavo mese. Non so se lo capì o se le mie paure lo spinsero ad uscire, ma nacque precoce, all’improvviso. E così ci salvò ad entrambi. Quella stessa notte lo portai fino alla porta del convento dei frati; al tuo ritorno ero sola e chiamasti il dottore perché curasse quella che pensavi essere febbre. Ovviamente quando mi visitò capì che avevo appena partorito. Non fece domande, pensando probabilmente che volessimo tenere segreto un aborto. Nel frattempo incominciarono a manifestarsi anche i sintomi della malattia. Il dottor Ertmo non poteva credere a quel che il mio corpo gli diceva e diagnosticò malattie che non avevo. Senza le dovute cure il male avanzò velocemente. Poi, qualche tempo fa, tuo fratello parlò con lui e gli spiegò tutto. Ma era già troppo tardi.” Farrel era senza parole. Le sue pupille dilatate erano un covo d’ira e la rabbia gli stava esplodendo dentro, ma non riusciva a dire una sola parola. In un istante tutto il suo mondo era crollato al suolo. Come quella pioggia che tanto aveva atteso in cielo e finalmente si rovesciava a terra devastando tutto. Come questa pioggia che da allora non ci lascia tregua.
1 commento:
ok. non ci crederà nessuno, però ho scoperto solo ora che la frase sulla fontana CASUALMENTE richiama la prima frase di questo fanta-capitolo...
a volte le coincidenze sono molto più significative di molte cose volute e ricercate
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