martedì 13 maggio 2008

spirito DiVino

I pomodori gratinati arrivano in tavola, incuranti del nubifragio. A guardarli ci sono 4 italiani e 2 catalani. Uno di loro ha una fame che non ci vede più (!). Xavi non ne ha molta, e sembra masticare solo catalano. Non c’è verso di fargli sputare neppure una parola in castigliano (come d’altra parte non riusciremo a fargli mangiare le cipolle gratinate). Eppure questa è la nostra prima cena e, di fatto, anche l’Ultima. Forse sarà per questo. Forse è merito del vino e del suo Spirito, ma improvvisamente ogni parola che esce dalla sua bocca, ogni frase di quell’idioma ignoto, diventa comprensibile. Senza rendercene conto ci addentriamo in discussioni bilingui, in una follia del pensiero che elimina le incomprensioni.
La luce delle imposte non segna già più il tempo, e ce ne andiamo a letto.


Ci sediamo spalle alla strada, a guardare gli alberi e il nulla. Cosa pensi di fare? Non so. Tornerò a casa, prima o poi, ma non ora. Già. Ci rivedremo qui? Forse vengo a trovarti. Forse verrò prima io. Grazie della collana. È stato un piacere.
L’autobus del ritorno corre trai filari di alberi. Mi addormento pensando che anche questa volta ho perso un appuntamento alla stazione. Con la Estaciòn del Norte proprio non ci prendo mai...

C’è chi guarda fuori. E pensa a quello che ha lasciato. Quello che troverà una volta ridiscesa quella scala. C’è chi guarda fuori e non pensa. Guarda quel grande e strano uccello di ferro e si meraviglia.
Sotto, sembra che qualcuno abbia appoggiato un gigantesco tappeto di lana soffice su uno sottile strato di acetato trasparente. Solo che l’acetato sta a qualche centinaio di metri sopra le teste dei barcellonesi.

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