martedì 5 maggio 2009

fado


I nostri occhi stanchi si posano sulla porta che si chiude dietro al chitarrista. Sul tavolo un bicchiere di vino da quattro soldi.
E poi comincia. Comincia a volteggiare il suono di quello strano mandolino, a disegnare pentagrammi di accordi minori, a tracciare idee musicali. A richiamare il canto. È il fado, la musica della saudade, della tristezza che riempie il cuore di questo Paese. E la sua culla sono questi locali, questi micro-mondi nel cuore dell’Alfama, del quartiere antico a ridosso del porto lungo il fiume. E queste stanze sono le piccole casse di risonanza di un sentimento popolare.
Agito il bicchiere e mando giù l’ultimo sorso.
Mi sembra di stare in una grotta, nelle viscere della città vecchia. Una grotta con pareti ceramiche decorate, con le luci delle candele a riscaldare il buio e trasformarlo in intimità. A brindare in compagnia.

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