venerdì 8 maggio 2009

incrostazioni di collina


Lisbona è uno strano mondo. È una capitale che srotola un arazzo intricato di strade sulle colline a ridosso del mare. Che poi non è mare ma oceano. Che poi in realtà non è neppure oceano, bensì fiume. Il Tejo per i portoghesi, Tajo per gli spagnoli, Tago per noi italiani.
Dentro queste viscere sinuose di una città che non sembra una capitale, da padrone la fa il paesaggio.
Il paesaggio naturale delle viste che improvvisamente si aprono dalle strade verso il fiume e l’oltre fiume. Terrazze senza null’altro che pavimento e parapetti. Terrazze della povertà, dove l’aggregazione è spontanea e continua, dove non c’è altro spettacolo che la natura e l’essere animali sociali.
Il paesaggio del degrado. Di baracche a ridosso le une delle altre, di sporcizia, di decadenza. Di non curanza e povertà.
Tutto questo è l’anima di Lisbona. Una conchiglia screziata dei residui del mare, una calcificazione di ceramiche sulle sponde del fiume, la sfilata segreta e silenziosa dei palazzi di pietra bianca. E, in mezzo a tutto questo, i miradores.

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