venerdì 29 maggio 2009

levante


La sveglia presto ovviamente non funziona. E alle 7:50 sono a correre con la mia bici per le strade della Siviglia est. Fernando prende la macchina e partiamo verso sud.
Arriviamo a Conil de la Frontera, cittadina prossima all’oceano che il vento ha deciso di spazzare via, o forse far precipitare definitivamente in fondo alla collina che ora domina. Il vento quasi ci impedisce di aprire la porta per entrare nel container del cantiere per visionare i progressi dell’opera. Mentre Fer discute con i costruttori faccio un salto al mare. Un vento a 50 km/h sta portando via ogni cosa che capita a tiro, me compreso.
È il famoso Levante, vento che, passando attraverso lo stretto, acquista forza qui sulle pendici della penisola, prima di liberarsi nell’oceano.
Il ritorno a Siviglia è battezzato dal sudore dei 39°.
Alle 19:00 esco di casa, deciso ad approfittare dell’unico sole non mortale, e mi dirigo verso il parco. Attraverso il ponte romano che scavalca il canale e mi piazzo tra due collinette, a ridosso di un pino. Nonostante l’ora il sole non dà tregua, bruciando e arrostendo la mia pelle. L’erba è così secca che attraversa la coperta pungendomi. Mi guardo intorno e tutto è calmo. Non ci sono rumori della città, non ci sono parole. Solo il vento, che passa sui sentieri battuti, attraverso gli alberi, e su di me, portandomi il brusìo di fondo di un mondo lontano. Non ci sono suoni di cellulari a disturbare la mia quiete, solo formiche e stridore d’uccelli.
È il clima perfetto per rimmergersi nella guerriglia della Sierra e nelle sue avventure.
Poi, di lontano, sul calar del sole, a cavallo della brezza mi arriva il suono di una banda.

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