Ancora una
volta imbocchiamo la porta di un bar, piccolissimo, nei meandri di Galata. Davanti
al bancone, un semplice e piccolo ripiano in legno, l'unico tavolo è occupato da alcune ragazze
presumibilmente canadesi. Ma non è questo ad averci attirato. Al di sopra del
bancone si trova un tavolato in legno, un soppalco, e nascosto da mobili e
cianfrusaglie d'epoca intravediamo un paio di sgabelli. Chiediamo di poter
salire e l'anziano uomo ci dice che non c'è problema, ma che il tè dovremo
portarcelo sù da soli. Per chiarirsi indica la scala: poco più che una scala a
pioli.
I mattoni a
vista e le voltine intonacate si sposano alla meraviglia con il tavolato inchiodato
del soppalco, sul quale si trova il più piccolo bagno che io abbia visto: due
pareti in perlinato appoggiate tra la scala ed il muro. Ed intorno a noi c'è un
po' di tutto. Uno sgabello di reminiscenze romane, una cornice con un
bassorilievo rappresentante un sole, una bandiera della Turchia, una credenza
vetrata, scatoloni di ciarpame, bicchierini, tazzine e servizi da tè. Quando finalmente
riesco a portare al nostro tavolo i chai, il barista mi urla da basso che lo
zucchero lo trovo là, in alto sulla mensola, al di sopra della scala.
Facciamo ritorno
nuovamente verso Sultanahmet, dove abbiamo in previsione di andare a mangiare
in un ristorante con terrazza vista Mar di Marmara. Imbocchiamo la solita
strada che ci porta fino al ponte di Galata ed al mercato del pesce. Il profumo
di pesce alla brace che ci inonda è decisamente troppo allettante per ignorarlo
e ci attardiamo per l'ennesima volta trai banchi. Una bancarella, una griglia
ambulante, offre pesce arrostito. La tentazione è troppo forte e ne prendo uno.
Il ragazzo sceglie un pesce cui ha già asportato testa e coda e lo appoggia
sulla graticola. Con un arnese simile ad un attizzatoio comincia a spellarlo e
poi, con perizia degna di un samurai, incide e spina il pesce senza tagliarlo,
con mosse di una rapidità impensabile. Una volta pronto mette il pesce tra due
fette di pane, lo guarnisce con insalata, verdure e salse varie e la mia cena è
pronta. Per meno di cinque euro. Ottimamente spesi.
Oltrepassato
il ponte vediamo la stessa scena sull'altra sponda, ma questa volta i pesci
vengono cotti sulle barche attraccate, sorte di piccole imbarcazioni che
sembrano uscite da un film su Singapore, ed i panini lanciati direttamente ai
clienti che stanno sulla riva.
Mentre
consideriamo di ignorare il ristorante per vagare ancora per i vicoli, ci
infiliamo nella Moschea Nuova. Da poco i muezzin hanno chiamato a raccolta i
fedeli ed il loro canto ha risuonato per tutta la città. Dietro di noi giunge
un ragazzo in giacca e ventiquattrore, cammina spedito fino alla fonte. Si lava
mani e piedi e poi si infila difilato nella grande sala della moschea. Noi restiamo
nel cortile, a guardare le stelle fare capolino trai minareti e a discutere di
prospettive. Gli occhi stanchi e contenti di tanto vedere, i piedi di tanto
andare.
Nessun commento:
Posta un commento