domenica 26 maggio 2013

rosso


Le piogge dei giorni scorsi hanno fatto il loro lavoro ed i corsi d'acqua sono colmi. Il canale è ora un fiume, largo e irruento, di un verde limaccioso. Solo l'odore fetido è rimasto lo stesso.
Mi addentro per il sentiero che lo costeggia, accovacciandomi al di sotto di alberi franati al suolo, scavalcandone altri. E poi, poco prima di Corticella, ecco che l'argine si rifà ampio e compaiono piccole costruzioni provvisorie, baracche e strutture di giunchi a sostenere reti da polli. Raggruppati trai recinti di un orto scorgo alcuni ragazzi di chiara origine andina che stanno consumando il loro pasto domenicale di riso e carne alla brace.

Erano giovani. Tanti non arrivavano ai venti, qualcuno poco più. E qui, su questo sperone a strapiombo sul calanco, su questo trampolino che dà le spalle all'Appennino e guarda in faccia la città felisnea, vennero fucilati. I corpi rotolarono a valle, scaraventati dagli aguzzini, trascinati dalla neve e dalle piogge primaverili.
Qui, in questo luogo affascinante e carico di dramma, si trova il memoriale di Sabbiuno. Una parete in cemento alta come un uomo, fucili smaltati puntati verso la valle. Un groviglio di filo spinato rosso rotola verso il fondo valle, per decine di metri, tracciando l'ultimo viaggio di quei ragazzi, di quei corpi. Fino alla grande croce bianca.

Nessun commento: