Certo, avrei
potuto dirti che andavamo verso i monti, verso il freddo, verso la neve. Ma dopo
come avresti fatto ad arrabbiarti?
Nel paesino
non c'era un'anima. Le prime ore del sabato pomeriggio annunciavano bufera,
l'aria carica d'inverno pronta a scatenarsi. Tutti erano rintanati dietro spessi
portoni, al riparo di camini fumanti.
Noi, seduti
sulle doghe in legno del teatro all'aperto, consumavamo i nostri panini combattendo
il freddo con una birra gelata.
Infilammo la
porta della rocca che fuori cominciava lo spettacolo. Una tormenta coi fiocchi
(propriamente) si riversava sul basso Appennino romagnolo sbiancando campi e
tetti, cristallizzando uliveti e pinete. Percorremmo il cammino di ronda
sferzati dal vento e dalla neve, attenti a dove poggiavamo i piedi. Sullo sperone
di roccia di fronte a noi si trovava la torre dell'orologio, la sua immagine raspata
dal bianco si confondeva, scompariva a riappariva in una corrente di fiocchi di nebbia.
Ed è da qui,
dalla sommità del torrione di Brisighella, in una valle spatolata da una
nevicata improvvisa e muta, che penso che effettivamente il piumino ci poteva
stare. Magari la prossima volta te lo dico prima.
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