“Puttana miseria”. Metto personalmente la mia parola di uomo d’onore: il sig. Gauthier non era tipo da parolacce. La sua faccia crollò nello stesso momento della sua valigia a terra. Di fronte a lui uno spettacolo da fine del mondo: il piazzale del castello sembrava brutalmente trasformato in una discarica: sedie rotte dappertutto, cartacce come un tappeto, tavoli, bottiglie a non finire, botti da osteria divelte.
“Eh già! Gliel’avevo detto che non era un bello spettacolo!” l’ispettore Egide stava al fianco del sig. Gauthier con vago sorriso dipinto sul volto.
“Ma non credevo così tanto….”
“Devastato?”
Infondo al piazzale giaceva, abbandonato come un uomo dopo una lunga notte in buona compagnia, niente meno che un palco. Doveva essere stato abbastanza bruttino anche quando era intero, ma ora giaceva disfatto, sfasciato e divelto.
Dalla torre svolazzava una fune con ancora appese alcune lanterne, le più ardite erano volate letteralmente via finendo sui tetti del castello o chissà dove.
“…e dice che nessuno ricorda nulla?”
“Mi dispiace ma quando siamo arrivati, questa notte, non ci aspettavamo tanta gente. Sono scappati quasi tutti i pochi che siamo riusciti a trattenere sono ancora ubriachi, ma temo che non ne sappiano più di noi.”
“…e c’è stato uno spettacolo teatrale… vero?”
“Si, sappiamo che qualcuno a messo in scena, clandestinamente, uno spettacolo.”
“Grazie ispettore… credo che lei possa andare…”
“E riguardo a Adrien”
“Oh… già… be rilasciatelo non mi importa se c’entra oppure no… non intendo sporgere denuncia.”
“Arrivederci allora!”
“Arrivederci.”
“Irmine!”
“Dimmi Briac…”
“Portami un’altra boccia, sei sicura che Francesco non ha lasciato detto nulla?”
“No Briac. Sta mane ho trovato i soldi della pigione sul suo letto e la stanza già pulita.”
“OH Briac!!”
“Dimmi Anton…”
“Sai che Elsie e Andrè si sposano?”
“Alla salute!”
Era una mattina assolata e felice. Di quelle con il fondale dipinto a campi di grano, in una campagna che sembrava non avere alcuna preoccupazione al mondo, in mezzo ai campi c’era una stradina che collegava due paesini: uno era Vierzon, l’altro era Limeux.
Due uomini stavano seduti sul ciglio della strada, tutti e due con le rispettive valige.
“Da dove sei uscito?”
“Dal portone principale…”
“Rifarti la torre in discesa non ti andava?”
“Decisamente no… e poi l’importante era entrare.”
“E tutto questo a cosa sarebbe servito?”
“Volevo che sapesse che non mi sono dimenticato della promessa…”
“…”
“…”
“per sempre… giusto?”
“Giusto”
i due uomini non si guardavano mentre parlavano, poi uno di loro trasse di tasca una busta.
“Ieri sera dopo essere entrato nella torre sono sceso nello studio e gli ho lasciato l’anello.”
“Quel anello???”
“si, l’ho lasciato sulla sua scrivania.”
“Pensavo ci tenessi”
“non mi serve più…”
“Quella è lei?”
“tieni te la regalo”
“E’ la sua ultima lettera?”
“…”
“Non mi serve più.”
“Cosa dovrei farci?”
“Quello che ti pare”
Detto questo Francesco si alzò e prese la sua valigia:
“Arrivederci”
“Un ultima cosa… perché hai voluto che venissi qui?”
“Volevo che vedessi”
“…”
“Ora hai un'altra storia da raccontare no?”
“…”
“Addio…”
Francesco si incamminò senza voltarsi e lo sconosciuto rimase seduto sul ciglio della strada in mezzo ai campi dipinti dal sole cocente.
In mano teneva l’ultima lettera che lei aveva scritto a Francesco molti anni prima.
L’aprì.
Lesse le ultime parole scritte dalla mano di lei: “…per sempre” e la firma di lei; quel nome che aveva dato tanta pena al suo amico.
Si alzò e si incamminò nella direzione opposta a quella di Francesco.
FINE
“Eh già! Gliel’avevo detto che non era un bello spettacolo!” l’ispettore Egide stava al fianco del sig. Gauthier con vago sorriso dipinto sul volto.
“Ma non credevo così tanto….”
“Devastato?”
Infondo al piazzale giaceva, abbandonato come un uomo dopo una lunga notte in buona compagnia, niente meno che un palco. Doveva essere stato abbastanza bruttino anche quando era intero, ma ora giaceva disfatto, sfasciato e divelto.
Dalla torre svolazzava una fune con ancora appese alcune lanterne, le più ardite erano volate letteralmente via finendo sui tetti del castello o chissà dove.
“…e dice che nessuno ricorda nulla?”
“Mi dispiace ma quando siamo arrivati, questa notte, non ci aspettavamo tanta gente. Sono scappati quasi tutti i pochi che siamo riusciti a trattenere sono ancora ubriachi, ma temo che non ne sappiano più di noi.”
“…e c’è stato uno spettacolo teatrale… vero?”
“Si, sappiamo che qualcuno a messo in scena, clandestinamente, uno spettacolo.”
“Grazie ispettore… credo che lei possa andare…”
“E riguardo a Adrien”
“Oh… già… be rilasciatelo non mi importa se c’entra oppure no… non intendo sporgere denuncia.”
“Arrivederci allora!”
“Arrivederci.”
“Irmine!”
“Dimmi Briac…”
“Portami un’altra boccia, sei sicura che Francesco non ha lasciato detto nulla?”
“No Briac. Sta mane ho trovato i soldi della pigione sul suo letto e la stanza già pulita.”
“OH Briac!!”
“Dimmi Anton…”
“Sai che Elsie e Andrè si sposano?”
“Alla salute!”
Era una mattina assolata e felice. Di quelle con il fondale dipinto a campi di grano, in una campagna che sembrava non avere alcuna preoccupazione al mondo, in mezzo ai campi c’era una stradina che collegava due paesini: uno era Vierzon, l’altro era Limeux.
Due uomini stavano seduti sul ciglio della strada, tutti e due con le rispettive valige.
“Da dove sei uscito?”
“Dal portone principale…”
“Rifarti la torre in discesa non ti andava?”
“Decisamente no… e poi l’importante era entrare.”
“E tutto questo a cosa sarebbe servito?”
“Volevo che sapesse che non mi sono dimenticato della promessa…”
“…”
“…”
“per sempre… giusto?”
“Giusto”
i due uomini non si guardavano mentre parlavano, poi uno di loro trasse di tasca una busta.
“Ieri sera dopo essere entrato nella torre sono sceso nello studio e gli ho lasciato l’anello.”
“Quel anello???”
“si, l’ho lasciato sulla sua scrivania.”
“Pensavo ci tenessi”
“non mi serve più…”
“Quella è lei?”
“tieni te la regalo”
“E’ la sua ultima lettera?”
“…”
“Non mi serve più.”
“Cosa dovrei farci?”
“Quello che ti pare”
Detto questo Francesco si alzò e prese la sua valigia:
“Arrivederci”
“Un ultima cosa… perché hai voluto che venissi qui?”
“Volevo che vedessi”
“…”
“Ora hai un'altra storia da raccontare no?”
“…”
“Addio…”
Francesco si incamminò senza voltarsi e lo sconosciuto rimase seduto sul ciglio della strada in mezzo ai campi dipinti dal sole cocente.
In mano teneva l’ultima lettera che lei aveva scritto a Francesco molti anni prima.
L’aprì.
Lesse le ultime parole scritte dalla mano di lei: “…per sempre” e la firma di lei; quel nome che aveva dato tanta pena al suo amico.
Si alzò e si incamminò nella direzione opposta a quella di Francesco.
FINE
1 commento:
non sapete quanto tutto questo mi prenda e mi commuova. per me francesco è al nostro fianco, lotta e vive con noi, come noi. e con lui tutti gli altri della commedia, di questa guerriglia urbana che è la vita. grazie amici. grazie par.
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