Ecco fatto.
Tutto ora è al suo posto. I vestiti nei loro cassetti, i libri nella libreria.
È stato liscio e indolore. Anche se cercavo di caricare i gesti della forza dell’Ultimo Gesto non mi è riuscito un granché bene.
Tutto ora è al suo posto. I vestiti nei loro cassetti, i libri nella libreria.
È stato liscio e indolore. Anche se cercavo di caricare i gesti della forza dell’Ultimo Gesto non mi è riuscito un granché bene.
Appena usciti da Forlì ho tolto il cd di musica dance eh ho messo quello che avevo appositamente fatto, l’Appennino Soundtrack. Come in Elizabeth Town doveva accompagnare il nostro viaggio e le nostre chiacchiere. Ancora una volta in mezzo alla strada, arrivati in cima, c’era il muro del Muraglione. Ci siamo fermati e siamo entrati nel bar. Era l’unico posto aperto nel giro di chilometri, una stanza dove un immobile barista aspettava i clienti, protetto dal suo bancone e dai suoi snacks. Dava l’idea di essere l’unico ventre vivo, l’unica grotta ancora abitata in quel mondo fatto di boschi e vegetazione. Un insensato baluardo di civiltà. Abbiamo attraversato la strada e ci siamo seduti a mangiare patatine di fronte alle valli che si stendevano fino all’orizzonte, probabilmente fino a Firenze. Prima di andarcene abbiamo spedito una lettera, dal cucuzzolo della montagna. Chissà ogni quanto tempo passano i postini, lassù.
Il pranzo in via Giotto è rilassato e fresco. La Rita e la Fede hanno ancora il cervello fritto dall’esame e le risate abbondano. Ringraziamo la Coop per averci offerto l’ennesimo pranzo e vado a riprendere la macchina.
Con Parmino smontiamo la poltrona e la carichiamo in macchina. Riponiamo con cura le piantine in uno scatolone e, con le dita piene degli spini dei cactus, partiamo alla volta della casa dell’Irene. Dopo aver salutato i soldi di Parmino e aver fatto tappa da Sgnao, carichiamo gli scatoloni sulla macchina dell’Ire e partiamo. Il tramonto inoltrato ci trova sempre là, dietro al grande muro del Muraglione. Ci sediamo di fronte al mondo che scompare a layer verso l’orizzonte, mangiando Pringles e bevendo Coca.
Poi, il resto è Romagna. La casa e la nonna dell’Ire, i segnali non visti, l’autostrada, Rimini.
Firenze, poi, era come ce l’aspettavamo. Anzi, anche un po’ più fiacca. Già non c’era più nessuno, e il sonno ci ha presi in breve tempo.
La mattina dopo mi sveglio alla caccia di un parcheggio gratis, e finisco ad ammirare le spirali del nostro amico Nervi. Non penso neppure che in tutti questi anni non le ho mai viste, da dentro.
La mattina dopo mi sveglio alla caccia di un parcheggio gratis, e finisco ad ammirare le spirali del nostro amico Nervi. Non penso neppure che in tutti questi anni non le ho mai viste, da dentro.
Prendo la bici e mi inerpico per la salita che costeggia le mura, fuori Porta S. Niccolò. Mentre sudo come un suino mi domando: ma dove minchia sto andando, con questo caldo, questa maglia nera, su per la salita più ripida di Firenze? Arrivato in cima al Forte faccio un giro e mi infilo in un giardino privato, sfruttando il mio libretto. E finalmente scopro cos’è quel magnifico giardino che, dalla nostra parte dell’Arno, si vede vicino al Forte. È Villa Bardini. Una magnifica loggia con tetto a spiovente sorretto da colonne in pietra si affaccia su una terrazza panoramica che offre una visione incredibilmente vicina del centro storico. Da qui scende un percorso accompagnato da terrazzamenti verdi e statue.
Già che ci sono faccio anche un salto a Boboli, giusto per concludere il mio Green Tour.
Il pranzo in via Giotto è rilassato e fresco. La Rita e la Fede hanno ancora il cervello fritto dall’esame e le risate abbondano. Ringraziamo la Coop per averci offerto l’ennesimo pranzo e vado a riprendere la macchina.
Con Parmino smontiamo la poltrona e la carichiamo in macchina. Riponiamo con cura le piantine in uno scatolone e, con le dita piene degli spini dei cactus, partiamo alla volta della casa dell’Irene. Dopo aver salutato i soldi di Parmino e aver fatto tappa da Sgnao, carichiamo gli scatoloni sulla macchina dell’Ire e partiamo. Il tramonto inoltrato ci trova sempre là, dietro al grande muro del Muraglione. Ci sediamo di fronte al mondo che scompare a layer verso l’orizzonte, mangiando Pringles e bevendo Coca.
Poi, il resto è Romagna. La casa e la nonna dell’Ire, i segnali non visti, l’autostrada, Rimini.
Ecco fatto.
Ora tutto è al suo posto. I pranzi in famiglia, il sole sul terrazzo.
È stato liscio e indolore. Fin troppo per un addio.
Ora tutto è al suo posto. I pranzi in famiglia, il sole sul terrazzo.
È stato liscio e indolore. Fin troppo per un addio.
3 commenti:
se è stato indolore sei fortunato, fin troppo. guarda, arriva, prima o poi arriva, il dolore.
goditi il frattempo.
e comunque resta la curiosità della lettera, è arrivata?
tra l'altro sembra che questo anno sia stato pieno ed intenso, più degli altri. o pare a me, solo perchè sono qua?
la lettera ancora non è arrivata. penso che ci metterà almeno un'altra settimana..
il dolore nel frattempo è annunciato dalla noia, che rapida è arrivata.
a volte qualcuno si infila nelle tue cose, e te le anabolizza. questa fine di anno è stata così, ma non è stato tutto l'anno. e non avrei mai detto che avresti battezzato questo anno passato come "pieno e intenso". ne sei sicura?
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