Ci accampiamo
nell'ottavupla, una stanza sotto tetto molto densa di persone e con il condizionatore
guasto. Non faccio in tempo a girarmi che hai già impezzato la ragazza che
occupa il letto di fronte al nostro e l'hai invitata a uscire a cena con noi.
Delphine è
di Parigi dove lavora nella didattica universitaria già da qualche anno. Le piace
viaggiare sola tutte le volte che può anche se, a questo giro, i suoi amici non
erano molto contenti che si facesse in solitario il giro dei Balcani. Domattina
partirà alla volta di Novi Sad ma per stasera è dei nostri e ha deciso di
portarci a Skadarlija, il quartiere bohemien della città. In realtà la zona è alquanto
turistica, zeppa di terrazze ad invadere la stradina di ciottoli e piccole
orchestre che suonano dal vivo, di fronte ai commensali, ad un volume
decisamente troppo alto. Dopo aver sondato per due volte tutti i locali, scegliamo
quello che ci sembra il meno peggio. Afferro la maniglia della porta, la tiro
verso di me e guardo Delphine, aspettando che entri prima di noi. Non l'avessi
mai fatto. Prima ancora di sederci lei si scaglia contro il tipico maschilismo
italiano ed il nostro modo fintamente galante di far sentire inferiori le
donne. Io e te ci guardiamo, vivamente sorpresi. Non mi era mai passato per la
testa che un gesto di gentilezza potesse passare per discriminazione. Ci
domanda se non pensiamo che possa aprirsela da sola, la porta. Mi sembra una
domanda sciocca, ma lei è alquanto seria. Le rispondo che la porta la apro anche
agli uomini, e che non è quindi un gesto sessista. Sguardo volitivo
assolutamente privo di trucco, capelli raccolti, abbigliamento ben poco
femminile, Delphine è, a quanto pare, una femminista convinta. Non le dico che
lo sono anch'io. Le domando
se, secondo lei, non sia sessista che agli uomini non sia concesso indossare
abbigliamento considerato femminile, mentre le donne possono vestire come gli
uomini. Ribatte che gonne, tacchi, calze, trucco non sono altro che una
scomodità e non sarebbero una conquista per la popolazione maschile.
La discussione
va avanti per quasi un'ora, mentre tu ti alieni a guardare l'orchestra che ci
costringe a urlare. Ci spostiamo poi in un localino trovato per caso in un
vicolo dove suggerisce di brindare tutti insieme con della rakia, una sorta di grappa del
luogo. Tracanniamo il bruciabudella e continuiamo a fare i finti maschilisti.
Ovviamente,
di offrirle la rakia, non se ne parla neppure.
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