giovedì 22 ottobre 2009

e non è lo stomaco - dia 18


Cammino per la città libero da ogni peso, i piedi freschi e sani. La pioggia ha pulito il cielo lasciandolo azzurro e limpido. Vago per il centro irrequieto, imbucando vicoli stretti, uscendo dai percorsi turistici. Mi dirigo verso la periferia cercando di saziare con i piedi una fame che non sta neppure nello stomaco. Vado, vado, riempio gli occhi e silenzio il cervello. Non scatto foto, non disegno, non scrivo. Non ho musica nelle orecchie, telefoni che suonino. Sono una spugna ambientale, lascio che i luoghi mi passino attraverso. Eppure qualcosa serra già lo stomaco.
Nonostante i numerosi passi che ho seminato in fila per le strade di questa città, mi sento come un cavallo scalpitante, ansioso di ripartire. È strana questa condizione di pausa, di sosta, di non fatica. Vorrei ripartire, rimettere lo zaino in spalla e sentire il mondo passare al mio lato. Sapere che il futuro dipende da me, avere sulle mie spalle, a contatto, tutto ciò che mi serve. Sentire il corpo respirare, traspirare con queste colline. La sosta è un respiro forzato.
Non vedo l’ora di ripartire.

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