giovedì 22 ottobre 2009

verso l'oceano - dia 19


Suona la sveglia e mi alzo. Buio, stranamente. Silenzio. E spazio piccolo. Poi realizzo. Sono ancora a Santiago, ma è ora di partire.
Ci lasciamo alle spalle la città, mentre altri pellegrini arrivano e salutano la cattedrale con volti di gioia e soddisfazione. Ci allontaniamo verso ovest, scendendo per poi risalire sulle colline. Da lì gettiamo uno sguardo indietro e vediamo i campanili della città. Questo sì sarebbe stato un ingresso epico, non quello a est da cui giunge il Cammino. Non quello che attraversa la periferia estesa a macchia d'olio, l'aeroporto. ma questo, che si radica nella campagna galiziana.
Tutto torna rurale, disperso. Si cammina in mezzo ai campi, a sentieri tracciati. Poi d’improvviso un suono vivo, allegro e giovane segue il sentiero. Lo sento e mi infilo a lato di una casa, che è anche bar. Che è un po' tutto per il paese. Giro l'angolo e mi fermo. Un fiume, largo e mansueto, costeggiato da alcuni mulini, pettinato da un antico ponte romano e bordato da pietre dall’aspetto lunare. È Ponte Maceira. Il nostro meritato riposo giornaliero.

L’arrivo a Negreira nel pomeriggio ha tutta l’aria di essere una passeggiata. Nell’ostello non ci sono più posti, ma non ci importa più. Il conto alla rovescia è ormai inarrestabile e i chilometri sembrano precipitare verso lo zero con una rapidità impensata. In paese hanno aperto la palestra per i pellegrini. Ognuno si accaparra un posto contro il muro e poi si dirige a comprare qualcosa per cena. Beppe, un ragazzo di Torino, si unisce a noi: panini, birra, dolcino e chiacchiere nell'ingresso della palestra, mentre fuori la pioggia scolorisce il giorno e bagna la notte. Beppe continua a chiacchierare ma io non mi sento tanto bene. Il freddo della pioggia di Santiago deve aver fatto il suo lavoro, e i sintomi influenzali cominciano ad invadermi. Sarà una lunga e scomoda notte, anche se la meta è vicina.

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