lunedì 27 agosto 2012

coleraine - day 3



Ci sediamo in ultima fila, ovviamente, ma questo non è sufficiente a farci passare inosservati. Vestiti con jeans e maglietta, zaino in spalla, spicchiamo nel nutrito gruppo di ultracinquantenni in giacca e cravatta, vestito e cappellino.
Sul palco, dietro ad una piccola ringhiera in legno, ci sono due uomini. Uno sta parlando al microfono in questo momento, mentre l'altro siede un po' più lontano. Dice di qualcuno, che verrà venerdì prossimo a raccontare della sua esperienza in America del Sud, e si augura che ci saremo tutti. Mentre scende dal palco quasi si porta via il microfono, scatenando un sorriso generale, sostenuto da una pronta battuta del suo compagno. È questi allora a prender la parola. Il tono scherzoso ed amorevolmente autoritario di chi sa di avere l'auditorio dalla sua, i gesti esperti, le pause opportune. Alterna lievi battute ad incoraggiamenti alla comunità.
Ci guardiamo intorno. Le panche sono in legno, ma diverse da quelle che siam abituati a vedere. Sedute molto corte, coperte da cuscini, braccioli molto alti agli estremi, con ampie volute vittoriane. La distanza tra una e l'altra è estremamente ridotta, giusto lo spazio per le ginocchia, così che la sala risulta gremita da un numero incredibile di posti. Occupati solamente una ventina. Le pareti sono ricoperte fino a 2 metri da terra da un perlinato di legno scuro, con una cornice sommitale intagliata leggermente. Al di sopra alte aperture in finto stile gotico, con strombature in pietra pronunciate ed archi a sesto acuto ad incastonare finestre con decorazioni a piombo. Quello che sembra un palco presenta varie sedute, tutte il legno, un largo piano d'appoggio e, sul lato destro, un organo girato di tre quarti, al cui posto siede una signora. Dietro a tutto ciò campeggia quello che dovrebbe essere un rosone, nel quale spicca la decorazione di una stella a sei punte.
Mentre osserviamo tutto ciò, l'uomo sul palco comincia a parlare di salmi. Dietro di lui, inaspettatamente, vediamo comparire delle scritte su uno sfondo celeste, relative ai passi che sta citando, proiettate da chissà dove. Quella che dovrebbe essere una messa è, a tutti gli effetti, una sorta di lezione, un'incontro cattedratico dove il prete, con tanto di powerpoint e bicchiere d'acqua sul leggio, espone ai suoi fedeli la parola del giorno. Incredibile. Estremamente pragmatico. Anche quando, dopo un cenno all'organista (a questo punto, direi, sua moglie) partono con una canzone tradizionale le cui parole compaiono, con tempismo perfetto, proiettate dietro di lui. Un karaoke liturgico.

Non conoscendo bene i tempi perdiamo l'attimo per allontanarci appena finita la funzione e, prontamente, una mano si poggia sulla mia spalla.
- Ciao ragazzi, ben venuti. Potevate mettervi più in mezzo, che le panche, là, sono più distanziate
- Non si preoccupi - rispondo quasi meccanicamente- tanto siamo piccoli.
Strette di mano, mogli che si presentano, amici che si avvicinano tentando di non sembrare invadenti, altri che ci guardano e sfilano, curiosi. E poi il solito balletto con i consueti cosa fate/ siamo in vacanza/ di passaggio/ di passaggio sì, un giro con la macchina per l'Irlanda/ bello, anche a me piacerebbe/ dovrebbe farlo/ di dove siete/italiani/ eh, avete visto, qua il tempo è un po' diverso/ già, noi ora abbiamo 40°/ già/ già/ è stato un piacere avervi avuto tra noi/ la ringrazio, arrivederci.

Fuori New Row è spopolata, anziana nella sua luce tardo pomeridiana. E così ci avviciniamo alla macchina, e salutiamo Coleraine.

Nessun commento: