In fondo,
pare che in questa città non ci sia poi molto. Sarà che è domenica, poco prima
della sera, sarà che è un orario inutile, sarà che il tempo rende tutto quanto
silenzioso e grigio. Ma per le strade non si vede anima viva, se non 4
ragazzini che giocano intorno ad una piccola discarica di cantiere.
Siamo a due
passi dal confine tra le due anime d'Irlanda, quella della Repubblica e quella
dell'Ulster. Londonderry (o, semplicemente, Derry), si adagia lungo l'ansa del
fiume, poco prima che questo divenga ampio, e forte, e oceano. Attraversiamo le mura ciclopiche, le uniche
rimaste ancora intatte su tutta l'isola, e ci aggiriamo per vie spopolate di
serrande abbassate e muri in mattoni.
È qui,
usciti dal centro, a due passi dal fiume, tra un lurido kebabbaro e degli
assurdi lampioni retrò, che troviamo un piccolo negozietto dove finalmente
possiamo spendere le ultime sterline rimaste, prima di varcare la frontiera. Qui
ci sono solo alcoolici, con un'intera stanza-frigo dove riposano le birre. Decidiamo,
infine, di portarci via un cartone di Guinness, e ci rechiamo alla cassa. Prepariamo
le 4 sterline ma a quanto pare costano più di quanto avessimo previsto. Il cassiere,
con calma olimpica o noia biblica, ci guarda, guarda fuori, poi alza le spalle
e torna a leggere il suo giornale, intendendo con questo il conto saldato.
Grazie amico.
E con questo bottino ci apprestiamo a far ritorno nell'Eire.
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