Appena
imboccata Port Road svoltiamo a destra risalendo il pendio. Il cartello Port
Hostel ci conduce in una stradina sterrata, circondata di siepi ed alti alberi sempreverdi
che oscurano la poca illuminazione presente. Passata una vecchia casa diroccata
in stile vittoriano, la stradina termina con un cancello aperto, immerso nella
vegetazione. Cauti entriamo con la macchina nel viale d'ingresso pronti a scoprire
un desolato edificio fatiscente nella prima periferia della piccola
Letterkenny. Con nostra grande sorpresa, invece, ci si para davanti la vista di
un delizioso villino rurale ad un piano dalle falde scure e le pareti tenui.
Decidiamo allora di scendere dall'auto e provare a chiedere se hanno posto per
la notte. Sulla porta d'ingresso un foglio reca il numero di
telefono da chiamare nel caso non vi fosse nessuno all'interno. Mentre aspettiamo mi affaccio alla grande vetrata a tripla anta scorrevole del soggiorno
che affaccia sul giardino. Dentro si vedono distintamente un paio di poltrone
ed un divano nella luce vivida e tremolante di un bel camino acceso. In pieno
agosto! Fuori l'aria della sera s'è fatta carica di una pioggerella che
non sa decidersi a scendere.
In pochi minuti giunge un'auto grigia da cui scende la padrona di casa che, salutatici calorosamente, ci fa entrare. Dopo il piccolo ingresso, d'obbligo a queste latitudini, un corridoio a L distribuisce tutti gli ambienti della casa: il soggiorno con divani e camino, la grande cucina con ampia vetrata sul lavello, e poi i bagni con le camere. La nostra è una spaziosa quadrupla con finestra sul giardino.
In pochi minuti giunge un'auto grigia da cui scende la padrona di casa che, salutatici calorosamente, ci fa entrare. Dopo il piccolo ingresso, d'obbligo a queste latitudini, un corridoio a L distribuisce tutti gli ambienti della casa: il soggiorno con divani e camino, la grande cucina con ampia vetrata sul lavello, e poi i bagni con le camere. La nostra è una spaziosa quadrupla con finestra sul giardino.
Mentre sbrighiamo
le questioni burocratiche rimango incantato dal fascino del camino, un elegante
oggetto di artigianato con colonnine tortili e architrave mensolato in legno
laccato, appoggiato su di un piano in granito e con bocca da fuoco costituita
da un pannello metallico inciso e decorato con motivi classicheggianti. Il tutto
protetto da una rete metallica con finiture in ottone. Al di sopra di questo
una bacheca raccoglie varie foto degli anni passati in questo luogo. Ci sono
tende accampate nel giardino antistante, feste notturne, barili di birra e
diversi giovani che suonano e ballano. Tra tutti, una faccia attira la mia
attenzione. Abbracciato alla padrona di casa, con qualche anno in meno, un
simpatico signore guarda l'obiettivo. In primo piano emergono le sue mani,
grandi e pelose, poi la sua camicia blu ed il suo gilet aperto sul davanti. Gli
occhi, di un'allegria profonda e serena, spiccano nella cornice di una folta
barba bianca e dei capelli che ancora non hanno perso completamente il loro
originario color di carota. Un degno erede dei leipreachán, i folletti irlandesi.
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