Ci sediamo
ad uno dei tavoli in legno immersi nel bosco, intorno alla casa montana che
funge da ristorante. Tu stai male, uno strano mal di testa pre-hangover, ed
abbiamo bisogno di un caffè, o almeno di un bicchiere d'acqua dove sciogliere
l'antidolorifico. La fortuna è che il cameriere parla un po' di inglese, la
sfortuna che non ha caffè. E, a dire il vero, neppure acqua corrente. A quanto
pare hanno avuto un problema con le condutture e sono senza acqua . La visita
al bagno lo conferma. Guardiamo la piccola stradina di fronte a noi dove auto e
camion serpeggiano verso la cima alla spossante velocità di 20 km/h. Siamo
ormai piuttosto lontani da Ruma, dove abbiamo abbandonato l'autostrada per
Belgrado, e non vogliamo tornare indietro senza aver visto il parco di Fruska Gora.
Chiediamo informazioni su come arrivare alla casa del parco ma il cameriere
dice che non ne esiste nessuna, nessun info-point. Poi ci pensa un po' sù e ci
dice che potremmo andare in una casina dove si trova un vecchio, bussare alla
sua porta e provare a chiedere. Lui dovrebbe poterci aiutare.
La strada è
un disastro. Letteralmente. Crateri, voragini scavate in una strada bianca di
ghiaia e sassi. Dopo un certo numero di curve troviamo una casa tra gli alberi.
Il signore anziano che sta seduto all'ingresso non parla inglese, e chiama il
nipote. In uno stentato tentativo di comunicare ci mostra la pianta del parco, che se vogliamo
possiamo comprare, ma di informazioni rispetto a sentieri e punti dove
accampare riesce a darcene ben poche. Risaliamo in macchina pronti ad
addentrarci nella selva e conquistarci i primi chilometri di natura balcanica.
Inaspettatamente dal fogliame emerge una svettante torre delle telecomunicazioni, una scultura in cemento alta quasi duecento metri. Ciò che colpisce è la grande voragine che sventra il corpo sferico che si trova a metà della torre. Solai divelti, armature come tessuti rappresi ad annaspare nell'aria, scale monche, infissi esangui come scheletri sciacallati dal tempo, intonaci sbucciati dall'incuria e dalle intemperie.
Ecco qualcosa
che si avvicina a quello che desideravamo incontrare. Le tracce del dramma dei
Balcani.
Inaspettatamente dal fogliame emerge una svettante torre delle telecomunicazioni, una scultura in cemento alta quasi duecento metri. Ciò che colpisce è la grande voragine che sventra il corpo sferico che si trova a metà della torre. Solai divelti, armature come tessuti rappresi ad annaspare nell'aria, scale monche, infissi esangui come scheletri sciacallati dal tempo, intonaci sbucciati dall'incuria e dalle intemperie.
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