Mentre
schiacci il tuo solito pisolino, mi incammino lungo la strada. Mi faccio
accompagnare da un timido sole che illumina campi di cereali, vigneti e
prugneti. Osservo attentamente ciò che mi circonda mentre vi passo attraverso e per un attimo la campagna mi pare quella ordinata e pacifica della
Toscana. Poi i casolari mai terminati e quelli in disuso mi
riportano alla balcanica realtà. Per quasi un'ora seguo il
nastro di asfalto che si srotola sinuoso in mezzo ai campi, finchè torno a
salire ed entro nel recinto di un piccolissimo monastero, Staro Hopovo.
A lato del tracciato principale si trova una chiesina di pietra chiara di un'unica stanza, poco più che una cappella. Un piccolo ingresso, un leggero marcapiano su cui campeggiano archetti ciechi ed uno splendido mosaico dorato che mi guarda. Al di sopra, un rosone in miniatura, quasi un bottone traforato. Sull'altro lato si trova la casa dei monaci, un edificio modesto di una manciata di stanze al cui fianco si estende l'ampia copertura in legno che protegge i lunghi tavoli per i pranzi comunitari.
E qui, ad pochi chilometri dal precedente monastero, la vita mi sembra così diversa, così tanto più legata alla foresta che lo circonda, alla solitudine che li isola, al silenzio che alimenta la meditazione.
A lato del tracciato principale si trova una chiesina di pietra chiara di un'unica stanza, poco più che una cappella. Un piccolo ingresso, un leggero marcapiano su cui campeggiano archetti ciechi ed uno splendido mosaico dorato che mi guarda. Al di sopra, un rosone in miniatura, quasi un bottone traforato. Sull'altro lato si trova la casa dei monaci, un edificio modesto di una manciata di stanze al cui fianco si estende l'ampia copertura in legno che protegge i lunghi tavoli per i pranzi comunitari.
E qui, ad pochi chilometri dal precedente monastero, la vita mi sembra così diversa, così tanto più legata alla foresta che lo circonda, alla solitudine che li isola, al silenzio che alimenta la meditazione.
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